Documento tradotto da un'elaborazione del Movimento di Donne Lavoratrici e Disoccupate "Maria Elena Cuadra"
 

Che cos'è la Zona Franca

E' una zona in cui avvengono processi di assemblaggio di prodotti destinati all'esportazione, può essere un luogo qualsiasi del territorio di un Paese all'interno del quale sono collocate imprese che lavorano per l'esportazione. Queste zone sono promosse e protette dai governi e da interessi di privati.

Per le lavoratrici, che costituiscono la maggioranza della manodopera, sono luoghi di lavoro con condizioni difficili che potrebbero essere migliorate attraverso la collaborazione tra impresari, governi e la società civile.

Per gli economisti sono enclavi destinate alla produzione di beni di esportazione che utilizzano mano d'opera a basso costo per potere essere competitive sul mercato mondiale. Gli investimenti di queste imprese però non contribuiscono allo sviluppo economico e sociale del Paese in cui si installano in quanto non introducono innovazioni tecnologiche nè qualificano i lavoratori.

Che cos'è la Maquila

Il termine maquila, deriva dall'espressione araba "makila" che designa la quota di grano, farina od olio destinata ad un mulino per la macinazione. In Centroamerica, l'espressione "maquilar" si riferisce all'attività economica realizzata da imprese nazionali o straniere che si occupano solo di una parte del processo di confezione. Sono imprese di assemblaggio che mettono insieme prodotti già semilavorati importati dai paesi sviluppati. Una volta messi insieme, i prodotti vengono esportati per essere venduti all'estero.

Questo processo ha dei costi molto bassi grazie alle agevolazioni fiscali di cui godono le imprese che investono nelle zone franche dei paesi in via di sviluppo. Le maquilas sono satelliti produttivi di grandi imprese internazionali che possono essere riubicati in qualsiasi momento senza alcun problema.

I governi favoriscono la formazione di zone franche per attirare, attraverso sostanziose agevolazioni fiscali, gli investimenti stranieri. Questi stessi Governi di paesi ad economia sottosviluppata, non avendo un modello di sviluppo proprio, accolgono le imprese straniere a braccia aperte nella speranza che abbassino, almeno temporaneamente, il tasso di disoccupazione. Per questo motivo, chiudono gli occhi di fronte alle molteplici violazioni dei diritti lavorativi ed umani dei lavoratori di queste imprese.

In Centroamerica operano all'incirca 1.100 maquilas che offrono circa 300mila posti di lavoro. Due terzi di queste imprese si occupano di tessili e producono quasi esclusivamente per il mercato Nordamericano.

La Repubblica Dominicana è il Paese che ha il numero maggiore di maquilas e in cui si sta formando una seconda generazione di zona franca in cui vengono assemblati prodotti ad alto contenuto tecnologico. E' però anche il Paese che conta il maggior numero di casi di violazioni dei diritti dei lavoratori.

Le zone franche sono apparse in Centroamerica intorno agli anni settanta. La prima è stata aperta in Salvador (1974), poi in Honduras e Nicaragua (1976) e per ultimo in Guatemala (1978).

Alla base dell'introduzione delle zone franche c'era una strategia della Agenzia Americana per lo Sviluppo (AID) che sosteneva le imprese locali interessate a produrre per il mercato statunitense. Queste infatti traevano benefici dal Sistema Generalizzato di Preferenze (SGP) che consente di esportare negli Stati Uniti determinate merci senza pagare imposte.

Nel 1982 questo sistema è stato rinforzato dall'Iniziativa per la Conca dei Caraibi (ICC), che ha esteso le esenzioni fiscali ad un maggior numero di merci. A partire da questa data, le imprese statunitensi cominciano a spostare in modo sistematico parte delle loro linee produttive in Centroamerica.

I Governi locali, da parte loro nel corso degli anni ottanta hanno promulgato numerose leggi tese a favore gli investimenti stranieri nei loro paesi. Inizia anche una gara per aggiudicarsi il titolo di "Paese più a buon mercato". Il boom vero e proprio della maquila si ha però negli anni novanta.

Figlie delle imprese multinazionali

Le maquilas rappresentano un'invenzione delle imprese multinazionali e costituiscono un elemento importante all'interno dei processi di ristrutturazione del capitalismo e della globalizzazione. Inizialmente sono stati tentati anche esperimenti di impiantare zone franche negli stessi Stati Uniti ma, la reazione di sindacati e lavoratori è stata tale da far decidere di esportare questo modello nei Paesi dove vigono salari più bassi.

Dopo la seconda guerra mondiale, fino all'inizio della crisi degli anni sessanta, nei paesi ad economia avanzata ha prevalso il modello di accumulazione fordista caratterizzato dalla produzione in serie di grandi quantitativi di merci destinate ad un mercato molto ampio.

Lo Stato svolgeva un ruolo determinante in quanto stabilizzatore della domanda. I paesi ad economia debole erano legati a questo modello in quanto produttori di materie prime (prodotti agricoli o minerari). Con gli anni sessanta, l'introduzione di grandi innovazioni tecnologiche, i processi produttivi diventano più complessi.

Per vincere la sempre maggiore concorrenza, le imprese transnazionali si vedono obbligate a ridurre i costi di produzione attraverso l'abbassamento dei salari e l'automazione dei processi produttivi più semplici. L'industria tessile che non richiede una tecnologia molto avanzata, si presta molto facilmente a trasferimenti verso la periferia.

In questo modo è sorta la fabbrica globale e il divario tra Nord e Sud si è fatto più grande: i Paesi ad economia sviluppata dove ci sono le maggiori concentrazioni di capitali, si dedicano all'acquisizione di nuove capacità tecnologiche. Mantengono i processi produttivi che richiedono grandi investimenti e mano d'opera altamente specializzata. Le maquilas invece forniscono manovalanza non specializzata e a bassi costi per portare avanti alcune fasi produttive. In America Centrale, una operaia del settore tessile guadagna 0.60 dollari all'ora. Lo stesso lavoro negli Stati Uniti costa 9.27 dollari.

Negli anni novanta, gli Stati Uniti hanno perso più di 500.000 posti di lavoro nel settore tessile e più di 200.000 in quello elettronico. Lo stesso processo sta avvenendo da alcuni anni anche in Europa. Le imprese europee sono migrate però in una prima fase all'interno delle frontiere europee o in aree limitrofe: Grecia, Turchia, Portogallo, Europa dell'Est.

Attualmente però in Centroamerica si trovano anche marche italiane, tedesche e francesi.

Le tigri asiatiche

Le delocalizzazioni non avvengono solo dal centro alla periferia ma anche dalla periferia alla stessa periferia: per esempio dal sud est asiatico al Centroamerica.

A Hong Kong, Taiwan, Singapore e Corea, la maquila ha cominciato ad affermarsi negli anni sessanta come parte di una strategia di industrializzazione orientata verso l'esportazione. Venti anni più tardi, le quattro tigri asiatiche si sono trovate ad affrontare condizioni economiche meno favorevoli. Nell'arco di tre anni, si registrano 7.200 conflitti lavorativi e i salari aumentano del 45%.

Oltre a ciò questi paesi avevano raggiunto le quote assegnate per l'esportazione di prodotti tessili negli Stati Uniti. Spostando parte del ciclo produttivo in Centroamerica avrebbero aumentato le loro quote godendo del sistema preferenziale di esportazione dei paesi centroamericani e dei Caraibi verso gli Stati Uniti.

Nel 1989 compaiono le prime fabbriche sudcoreane in Guatemala e da li si estendono in tutta la Regione. Attualmente, mentre la presenza di imprese nordamericane si è stabilizzato o addirittura è in diminuzione, le imprese di origine asiatica sono in aumento.

RETRIBUZIONI ORARIE A CONFRONTO


Germania 16.61 $
Italia 11.65 $
Giappone 9.42 $
Stati Uniti 9.48 $
Canada 8.48 $
Corea del Sud 3.22 $
Honduras 0.60 $

Fonte: Oxfam Solidarietà
 
 
 

Paese

% di donne  Salario Mensile Medio
Nicaragua 80 $ 60
El Salvador 85 $ 129
Guatemala 79 $ 81
Honduras 90 $ 83

Fonte: elaborazione del Movimento Elena Cuadra (Nicaragua) 1997
.
 

Associazione Italia-Nicaragua - Coordinamento Nazionale