APPELLO PER EL SALVADOR, A FIANCO DEL POPOLO E DEL GOVERNO

Alle cittadine e ai cittadini italiani,

El Salvador è stato un Paese a lungo governato dalla destra estrema e violenta, sostenuta dall’imperialismo USA: ad essa si è sempre opposto il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN).

Nel 1992 si giunge all’accordo di pace di Chapultepec tra le destre e il FMLN e nel 2009 la sinistra riesce a vincere le elezioni.

Nel 2014, l’ex comandante del FMLN, Salvador Sánchez Cerén, viene eletto presidente de El Salvador.

Dal suo insediamento, il governo del FMLN ha concentrato gli sforzi sulle politiche sociali, sull’alfabetizzazione di massa, sulla costruzione delle garanzie e dei diritti per il popolo salvadoregno, impegnandosi strenuamente nella lotta contro la corruzione dilagante e la delinquenza organizzata.

La destra, sin dall’inizio, si è violentemente opposta a questo nuovo corso democratico e popolare, puntando a smantellare i processi di cambiamento introdotti dal FMLN, ad ostacolare in ogni modo la concretizzazione delle misure governative tendenti a lottare, innanzitutto, contro la grande emarginazione sociale e a riconsegnare al popolo salvadoregno la dignità, il lavoro e le garanzie sociali.

Le destre di El Salvador puntano a fermare il processo rivoluzionario e popolare in atto contrapponendo al governo legittimo guidato dal FMLN  altri pezzi dello Stato e oggi  le politiche di trasformazione sociale rischiano di arenarsi di fronte alla vera e propria   “dittatura giudiziaria” in atto, tendente a screditare il governo legittimo e spingere al fallimento il progetto politico del FMLN.

Per raggiungere tali obbiettivi, il Partito Arena – erede di Duarte e dei suoi “squadroni della morte” e oggi a capo delle destre reazionarie –  punta a costruire un vasto caos sociale, come già accaduto e accade in altri paesi dell’America Latina, spingendo in piazza, contro il governo, sia i sindacati “gialli” che la vasta criminalità organizzata, sempre  a fianco delle destre per ragioni di profitto e impunità.

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Nicaragua riduce in modo significativo le mortalità materne

mujeresNei 10 anni di governo Sandinista, ridotte del 50% le morti delle donne in gravidanza.
Tra pochi giorni  si voterà per le elezioni presidenziali e tutti i sondaggi danno per scontato un trionfo del Frente Sandinista. http://www.lavozdelsandinismo.com/…/nicaragua-reduce-de-fo…/

—>> per facilitare la comprensione del testo riportiamo solo alcune parole in italiano <<—

En la última década las políticas de salud han permitido (permesso) disminuir (diminuire) en más (più) del 50 por ciento los decesos (mortalità)  de mujeres (donne)  embarazadas (incinte), trascendió (emerge) en el Foro Internacional para la Prevención de Muerte Materna por Hemorragia Posparto, desarrollado (sviluppato) en Managua

En 2006, Nicaragua registraba 90 muertes maternas anuales. Diez años después, (dopo)  la política de salud del Gobierno Sandinista ha permitido ( permesso) reducir (di ridurre) este (questo) número por encima (al di sopra) del 50 por ciento, según (secondo quello) se dio a conocer (che si è dato a conoscere) este martes en el Foro Internacional para la Prevención de Muerte Materna por Hemorragia Posparto, desarrollado en Managua.

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Referendum in Colombia: la maggioranza respinge gli accordi di pace e da domani ricomincia la guerra civile

no-colombiaAttilio Folliero, Caracas 02/10/2016

La maggioranza dei colombiani nell’odierno referendum si è espressa contro gli accordi di pace sottoscritti fra il Governo e la FARC; gli accordi mettevano fine ad oltre 50 anni di guerra civile. Il 50,22% ha votato per il NO a tali accordi.

Ha dunque vinto l’oligarchia rappresentata da Alvaro Uribe, il narcotrafficante numero 82 più ricercato al mondo, l’unico ad essersi apertamente schierato contro tali accordi.

E adesso? La FARC-EP, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, si ritrova con un pugno di mosche. Oltre 4 anni fa la FARC accettò l’invito lanciato dal Presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, di sedersi al tavolo delle trattative per porre fine al lungo conflitto che affligge la Colombia. Il conflitto armato più lungo del continente americano è iniziato ufficialmente nel 1962, quindi da 54 anni; in realtà ha un antecedente nelle violenze scoppiate in tutto il paese alla fine degli anni quaranta e proseguite per tutta la decada degli anni cinquanta. Praticamente la guerra civile in Colombia è iniziata il 9 aprile del 1948, giorno dell’omicidio di Jorge Eliecer Gaitan Ayala, candidato liberale alla presidenza del paese.

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Movimenti sociali in Colombia : “Esigiamo uno spazio proprio di negoziazione”

ColombiaIntervista con Marylén Serna, portavoce del Congresso dei Popoli

Sergio Ferrari, Berna, Svizzera

Nell’ambito del nuovo clima politico che il dialogo tra la guerriglia ed il Governo ha creato in Colombia, il movimento sociale alza la sua voce, denuncia, propone ed esige spazi propri. La guerra non è terminata. Il paramilitarismo si consolida come un fenomeno sempre più preoccupante contro la pace. La necessità di rinforzare la mobilitazione cittadina continua ad essere una sfida essenziale. Questo sottolinea Marylén Serna Salinas nella sua visita in Svizzera, visita che fa parte di un ampio giro che comprende una decina di grandi città di vari paesi europei.
Serna Salinas, autorevole dirigente contadina del Cauca (una zona del sudovest colombiano), portavoce nazionale del Congresso dei Popoli e facente parte del comitato di promozione del Tavolo Sociale della pace

P: quali sono i temi prioritari del Congresso dei Popoli?
Marylén Serna (MS): prima di tutto vogliamo denunciare la riattivazione del paramilitarismo e le conseguenze di questo fenomeno preoccupante per i movimenti sociali. Nello stesso tempo vogliamo far conoscere in anticipo una proposta di mobilitazione sociale da lanciare a metà di questo anno. Vogliamo anche rendere pubblica la nostra poposta di un Tavolo Sociale per la Pace che pensiamo come uno spazio di dialogo e negoziazione nazionale a favore della Pace e della Democrazia. Il Tavolo Sociale per la Pace rappresenta uno scenario in cui si dovrebbero incontrare, faccia a faccia, il movimento sociale popolare e i poteri istituzionali ed economici per discutere sui problemi che colpiscono il paese, trovare soluzioni efficaci ai conflitti socio-politici (che sono all’origine stessa del conflitto armato) e costruire le basi per una società democratica, giusta ed in pace.

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BRASILE: CRISI E CONSEGUENZE

downloadCarugate, Maggio 2016

Per capire ciò che sta accadendo è necessario fare mente comune al passato del Brasile, le sue dittature, i governi di destra, la subordinazione all’impero Usa. Si usa dire che bisogna guardare al futuro, perché il passato… è passato. NO, è necessario conoscere e capire cosa è stato il passato per l’America Latina e quindi, rendersi conto delle difficoltà di cambiare politica, sopratutto in grandi e importanti paesi come il Brasile, Argentina, Venezuela, ma il problema riguarda anche la Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Uruguay, Paraguay, Cile e in misura minore altri paesi come El Salvador, Guatemala, Panama, Honduras.

UN PO’ DI STORIA L’America Latina è stato l’unico continente dove i concetti neoliberali sono stati adottati da vari paesi, questo dopo anni di una lunga serie di dittature militari, appoggiate sempre dagli Stati Uniti. Al neoliberalismo però ci sono state reazioni: un anno fondamentale è stato il 2005, quando si voleva imporre il Trattato di Libero Commercio con Stati Uniti e Canada. Ci fu un’azione congiunta di movimenti sociali, partiti di sinistra, organizzazioni, associazioni e una buona parte della chiesa cattolica latinoamericana. SI ARRIVÒ COSÌ AI GOVERNI PROGRESSISTI.   Continua a leggere

No al Golpe in Brasile. Presidio di solidarietà e informazione a Roma

Dilma-NÃO-VAI-TER-GOLPESabato 16 a Roma dalle ore 17,30 alle 20 in Piazza S.Pantaleo

No al Golpe in Brasile

 

In Brasile è in corso un golpe mediatico-giudiziario che vede alleati le oligarchie economiche, i residui del regime dei militari negli apparati dello Stato, i grandi media privati, le destre liberiste e quelle visceralmente anticomuniste e fasciste.

Dagli Stati Uniti arrivano potenti appoggi per un “regime change” che segni la fine di un governo di sinistra che ha fatto dei BRICS un attore fondamentale sulla scena mondiale indebolendo il dominio unipolare americano.

I movimenti sociali e i partiti di sinistra in Brasile sono in queste settimane mobilitati per dire no al golpe nel più grande paese dell’America Latina.

L’impeachment contro la presidente Dilma Roussef in assenza di qualsiasi accusa e inchiesta penale che la riguardi è un’operazione incostituzionale volta a rovesciare il risultato democratico uscito dalle urne.

L’impeachment in assenza di crimini che lo motivino è un golpe.

Il carattere giustizialista e populista della campagna promossa dalla destra e dai media privati contro Dilma e Lula può trarre in inganno anche l’opinione pubblica democratica e sicuramente ha trovato spazio anche nei media italiani.

La realtà dei fatti è che proprio una classe dirigente corrotta sta conducendo l’attacco e il golpe.

Dei 38 membri della commissione parlamentare che hanno votato a favore dell’impeachment 35 sono indagati per corruzione!

Da migliaia di giuristi è stato indirizzato un Manifesto per la difesa della Costituzione e dello Stato di diritto all’opinione pubblica mondiale.

La sinistra, i movimenti e i democratici italiani non possono assistere passivi a quanto sta accadendo.

L’attacco a una delle più avanzate esperienze di governo progressista in America Latina è parte di un più generale attacco neoliberista alla democrazia di cui anche in Italia facciamo da tempo esperienza e di cui lo stravolgimento della Costituzione approvato in questi giorni rappresenta il coronamento.

Rifondazione Comunista propone di ritrovarci sabato 16 a Roma dalle ore 17,30 alle 20 in Piazza S.Pantaleo nei pressi dell’ambasciata brasiliana per un presidio che sia occasione di informazione e solidarietà con chi in Brasile sta in questi giorni difendendo la legalità democratica.

aderisce Amig@s MST-Italia ( Comitato Sem Terra Italia)

Per adesioni: rifondazioneroma@gmail.com

Tel. 347-1777846

evento su facebook: https://www.facebook.com/events/1024811130934564

In memoria di Fernando Cardenal

Ricordiamo la figura di Fernando Cardenal, prete gesuita nicaraguense, che fu ministro dell’educazione del governo sandinista con alcune immagini della manifestazione di chiusura della Campagna di Alfabetizzazione, tenutasi a Managua il 25 agosto 1980.

cit. ‘La Stampa’ : 

È morto a Managua, Fernando Cardenal, prete del Nicaragua che negli anni ’80 sfidò l’ordine del Vaticano di lasciare il governo rivoluzionario sandinista in cui era ministro dell’istruzione. Aveva 82 anni.
All’epoca affermò, ricorda Bbc online, che avrebbe «commesso un grave peccato» se avesse lasciato il governo sandinista. «Non posso concepire che Dio mi chieda di abbandonare il mio impegno per la gente», disse in un’intervista.

INTERVENTO DEL COMANDANTE IVÁN MÁRQUEZ AL PARLAMENTO EUROPEO

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Lo scorso 28 gennaio il Comandante Iván Márquez è intervenuto di fronte al Parlamento Europeo a nome della Delegazione di Pace delle FARC-EP.

Il Comandante, attraverso un video fatto pervenire a Bruxelles, ha affermato che l’approvazione della missione politica speciale per l’osservazione del cessate il fuoco bilaterale rappresenta un grande passo avanti in direzione della pace. A conclusione del suo intervento, il Comandante ha manifestato la necessità di cancellare le FARC dalla lista delle organizzazioni “terroriste”, con la stessa rapidità con cui vi erano state inserite. La decisione di qualificare le FARC come organizzazione “terrorista” è stata ratificata negli USA nel 2001, seguiti a ruota, l’anno successivo, dall’Unione Europea. Occorre sottolineare che in America Latina solo il Perù e lo Stato colombiano adottano questa definizione.

Tali liste, arbitrarie ed ingiuste secondo numerose organizzazioni internazionali, non prendono in considerazione né il terrorismo di Stato (responsabile, secondo l’ONU, del 75% delle violazioni dei diritti umani in Colombia), né tanto meno il diritto di ribellione armata esercitato dai popoli di fronte alla tirannia.

E’ evidente che l’eliminazione delle FARC dalla lista rappresenta un passo imprescindibile verso una società inclusiva, in cui l’insorgenza possa operare come organizzazione politica legale con tutte le garanzie del caso.

Sfide cruciali di un’America Latina in movimento

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2016,tra l’alternanza politica e la mobilitazione sociale

di  Sergio Ferrari*

Le ultime settimane del 2015 hanno visto grossi cambiamenti nella dinamica politica di un continente egemonizzato nell’ultima decade da governi progressisti. L’alternanza elettorale occupa un posto preponderante in questa nuova tappa dell’America latina che, in meno di 30 anni, ha virato da dittature brutali a democrazie in processo di consolidamento.

L’arrivo al governo argentino di Mauricio Macri il 10 dicembre, la sconfitta nelle elezioni legislative venezuelane il 6 dicembre con la perdita della maggioranza parlamentare, la domanda di giudizio politico nei confronti della brasiliana Dilma Rousseff, costituiscono i fatti recenti più noti che marcano la nuova congiuntura continentale. In questa, la soluzione negoziata del conflitto colombiano, sembra una possibilità oggi più reale dopo metà secolo di guerre interne.

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Cuba responsabilizza gli Usa per crisi migratoria in Centroamerica

cubaricaCittadini cubani ancora bloccati sul confine tra Nicaragua e Costa Rica

Managua, 19 novembre (LINyM) -. Il governo di Cuba ha emesso ieri un comunicato nel quale accusa gli Stati Uniti per la grave crisi migratoria che coinvolge migliaia di cittadini cubani, bloccati sul confine tra il Costa Rica e il Nicaragua.

In modo particolare, punta l’indice contro le politiche migratorie statunitensi, come la Legge de Ajuste Cubano e la politica “piedi asciutti, piedi bagnati”, che di fatto incentivano l’emigrazione illegale di cubani verso il territorio nordamericano, garantendo loro l’immediata concessione della residenza.

Non importa come arrivino e se per farlo devono percorrere migliaia di chilometri in balia delle reti criminali del traffico di migranti, come sta accadendo a circa duemila cubani che sono partiti dall’Ecuador, hanno attraversato la Colombia e Panama, e che ora sono bloccati sul confine tra i due paesi centroamericani.

Una situazione che ha fatto lievitare nuovamente le tensioni tra le due nazioni, che proprio in questo momento (giovedí) stanno discutendo il tema all’interno della Commissione di sicurezza del Sistema d’integrazione centroamericano, Sica, per ora senza risultati tangibili.

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