Venezuela: tentativi di colpi di stato, guerra economia, PIL, debito pubblico e riserve

venezuela-3-620x330Attilio Folliero, Caracas 08/05/2016
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Il PIL del Venezuela

Con l’avvento al governo di Hugo Chávez, nel 1999, e l’aumento dei prezzi del petrolio, il PIL del Venezuela comincia a crescere. In realtà è l’azione politica di Hugo Chávez che incrementa la crescita dei prezzi del petrolio; infatti è Chávez che convince tutti i capi di stato dei paesi produttori di petrolio, i Paesi OPEC, a riunirsi a Caracas e tagliare la produzione, l’offerta di petrolio, facendo in questo modo risalire i prezzi.
Quando i capi di stato di tutti i paesi OPEC si riunirono a Caracas il 27 e 28 settembre del 2000, era appena la seconda volta nella storia che ciò accadeva e ben 25 anni dopo la prima e ultima storica riunione di Algeri (4 marzo 1975).
Nei primi tre anni del Governo di Hugo Chávez (1999-2001) il PIL del Venezuela cresce, passando dai 91,90 miliardi di dollari del 1998 ai 123,16 del 2001.
Dopo questi anni di crescita, il PIL conosce due anni di calo a causa del colpo di stato di Pedro Carmona Estanca (11 aprile 2002), che allontana Hugo Chávez dal Governo per 48 ore e della serrata patronale, fra il 2 dicembre 2002 ed il 2 febbraio 2003. Durante il periodo della serrata la produzione petrolifera del Venezuela scende a 0 barili al giorno!

vene1Dopo il biennio in calo (2002-2003), il PIL conosce vari anni di crescita sostenuta e dagli 83 miliardi di dollari del 2003 arriva agli oltre 330 miliardi del 2011 e 2012.

Il PIL cresce in maniera sostenuta non solo per la ripresa del prezzo del petrolio, ma anche grazie alla politica di Chávez che permette lo sviluppo di numerosi settori economici, l’inclusione di una grossa fascia della popolazione fino ad allora rimasta in povertà e totalmente ai margini, la nazionalizzazione di importanti imprese strategiche nel settore della telefonia e della comunicazione (CANTV), dell’energia l’elettricità (Electricidad de Caracas) e della siderurgia (SIDOR). Inoltre, Chávez si rende conto della necessità di avere una banca pubblica in grado di finanziare progetti economici nel settore manifatturiero ed agricolo, sia di grandi che di piccoli imprenditori, spesso non presi in considerazione dalla banca privata. Si fonda così il “Banco del Tesoro” prima e successivamente, il “Banco del Venezuela”, grazie all’acquisizione dal Santander; il Banco del Venezuela diventa la principale banca del paese. Successivamente, sarà costituita una terza banca pubblica, il “Banco Bicentenario”, in cui confluiscono varie banche private fallite e salvate dal Governo.

Un ulteriore impulso all’economia venezuelana viene dalla “Gran Mision Vivienda Venezuela”, ovvero il progetto del Governo per risolvere definitivamente il problema della carenza di abitazioni, che costringe milioni di famiglie venezuelane a vivere nelle baraccopoli che circondano le grandi città; l’obiettivo è costruire in 5 anni 3 milioni di abitazioni. Questa missione scatta il 7 maggio del 2011 con l’iscrizione nel registro nazionale delle persone bisognose di un appartamento. Il progetto prevede per il primo anno un investimento di 60 miliardi di dollari.

Quindi, anche per gli anni successivi al 2011 ci sono tutti gli ingredienti per la crescita del PIL; invece, dopo il 2011 il PIL prima smette di crescere e poi inizia a diminuire, fino a scendere ai circa 185 miliardi di dollari stimati per il 2016. Nel 2016 il PIL del Venezuela è dunque quasi la metà del PIL del 2011.

I motivi della caduta del PIL sono vari: la malattia e successiva morte (5 marzo 2013) di Hugo Chávez; la crisi economica internazionale e la caduta dei prezzi del petrolio; la guerra economica scatenata dall’oligarchia Venezuela, congiuntamente a quella internazionale, soprattutto statunitense.

La guerra economica

L’oligarchia, con la morte di Chávez – e bisogna dire che si tratta di una morte con molti dubbi, prefigurandosi anche la possibilità di un omicidio – pensava di potersi riprendere il potere nella successiva elezione presidenziale (13/04/2013) ed invece a vincere è Nicolas Maduro.

A questo punto l’oligarchia scatena la guerra economica, che si affianca ai tentativi di rivoluzione colorata e colpi di stato nel 2014 (Operazione “La Salida“, per la quale è condannato Leopoldo Lopez), nel 2015 (con il coinvolgimento del Sindaco di Caracas, Antonio Ledezma ed ancora nel 2016. Ciò ovviamente aggrava la già difficile situazione economica determinatasi con la caduta dei prezzi del petrolio.
L’oligarchia controllando la produzione e la distribuzione della maggior parte dei prodotti e particolarmente di quelli alimentari e delle medicine, semplicemente li fa sparire dal mercato; progressivamente la maggior parte dei prodotti di prima necessità spariscono dai negozi; gli unici a vendere tali prodotti ed a prezzo controllato sono i negozi statali delle catene Mercal, PDVAL e Bicentenario; quest’ultima è una catena di distribuzione a capitale misto, in cui lo stato ha una quota di minoranza (19%), mentre il pacchetto di maggioranza è nelle mani di Carrefour (81%).

Tali catene, nate per soddisfare la necessità dei più emarginati e una domanda complessiva non superiore al 30% della popolazione, si ritrovano ad essere gli unici negozi provvisti di merci e di conseguenza sono letteralmente presi d’assalto e le code diventano chilometriche.

Oltre che in questi negozi statali, i prodotti sono venduti di contrabbando, dal “bachaqueo” per dirla in gergo venezuelano, ma a prezzi enormemente superiori a quelli normali. Il contrabbando è alimentato dalla stessa oligarchia; in sostanza l’oligarchia, la classe che detiene il monopolio della produzione e distribuzione della maggior parte degli alimenti, oltre a deviare in maniera più o meno illegale la distribuzione verso l’estero, in particolare verso la Colombia e le isole dei Caraibi, vende i suoi prodotti direttamente al contrabbando.

Sembra assurdo, ma nella realtà alcuni prodotti tipici venezuelani, come la farina di mais marca “Harina Pan”, introvabili nei negozi venezuelani, si vendono praticamente in tutto il mondo attraverso Amazon.
In tal modo l’oligarchia continua a ottenere immensi guadagni ed allo stesso tempo a creare malcontento nel popolo, col fine di attribuire la colpa di tutto ciò che sta passando al governo inefficiente di Nicolas Maduro. Tale matrice di opinione è poi alimentata dalle televisioni e dai mezzi di comunicazione, praticamente in mano alla stessa oligarchia.

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Il debito pubblico del Venezuela

Per quanto riguarda il Debito Pubblico del Venezuela, che costituisce un ulteriore problema, abbiamo i dati fino al 2015. Il debito pubblico aumenta in concomitanza con la caduta dell’economia. Diminuendo i prezzi del petrolio, crollano anche gli ingressi fiscali derivanti appunto dalla vendita del petrolio; il governo per poter continuare le sue politiche sociali, a favore delle classi più umili è costretto a finanziarsi indebitandosi.

In termini assoluti il debito pubblico è aumentato di oltre sei volte fra il 1998 ed oggi; infatti, è passato dai circa 27 miliardi di dollari del 1998 ai 172 miliardi del 2015. In realtà il debito è cresciuto proprio negli ultimi anni: nel 2008, infatti era ancora 44 miliardi; passa a 79 miliardi nel 2011; a 115 miliardi nel 2013; a 137 nel 2014 e 172 miliardi nel 2015.

In termini percentuali, al 2015 il Debito Pubblico rappresenta poco meno del 72% del PIL; era il 30% circa nel 1998. I dati percentuali in realtà, indicano prima una decisa discesa rispetto al PIL e poi una crescita: il debito pubblico rappresentava il 47% del PIL nel 2003 e scende al 15% nel 2008. 

Nel 2008 il debito pubblico non solo rappresenta un valore bassissimo, appunto solamente il 15% del PIL, ma le riserve internazionali del Venezuela superando i 43 miliardi di dollari, di fatto coprono quasi interamente il debito; dunque nel 2008 il Venezuela è uno dei pochissimi paesi del mondo, che oltre a vantare un debito pubblico bassissimo in termini percentuali sul PIL, ha riserve internazionali pari all’ammontare del debito.

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Dopo tale data – come abbiamo visto – il debito aumenta sia in valore assoluto, che percentuale e contemporaneamente le riserve si riducono progressivamente, fino a ad ai 12,49 miliardi di oggi (al 5 maggio 2016). Oggi le riserve internazionali del Venezuela non solo rappresentano meno del 10% del debito pubblico totale, ma sono anche al punto più basso degli ultimi 21 anni.

A tutti questi dati poco confortanti si affiancano anche alcuni che mitigano un po la situazione:

  • Di tutto il debito pubblico solo un quarto, ossia 42 dei 172 miliardi totali è rappresentato da debito estero;
  • Il debito estero in valore assoluto è in aumento se rapportato ai primi anni dell’era Chávez (22 miliardi nel 1999), ma diminuisce negli ultimi anni, sia pure di poco; infatti, passa dai 45 miliardi del 2012, a 44 miliardi nel 2013, 43 miliardi nel 2014 e 42,53 miliardi nel 2015;
  • Analizzando il debito pubblico secondo la valuta, al 31/12/2015 solo il 26,3% è in valuta pregiata, il 73,7% è in Bolivares, la moneta locale.
  • Infine, un ultimo dato relativamente confortante è quello relativo alle scadenze di pagamento del debito estero. Il debito estero in scadenza nel 2016, ovvero nell’anno in corso, è pari a 2,86 miliardi di dollari; 1,51 miliardi scadono nel 2017 e 3,62 miliardi nel 2018; nel quinquennio 2016-2020 ci sono debiti in scadenza per 14,75 miliardi di dollari, circa un terzo del totale; cioè significa che i due terzi del debito estero scadono tra il 2021 ed il 2045 (Vedasi la seguente tabella con i dati delle scadenze di pagamento del debito).