Nicaragua-La mano che fa dondolare la culla

 

Nicaragua
La mano che fa dondolare la culla

Il 18 aprile in Nicaragua è esplosa una protesta che la stampa ha raccontato in un solo modo: un governo autoritario che reprime brutalmente un movimento pacifico, spontaneo, apartitico.
Ma se la cospirazione è guidata e finanziata da Washington non è poi così semplice spiegare cosa ci sia davvero sotto

Managua, 12 dicembre (Canal Abierto | LINyM)

In aprile il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha proposto una riforma del sistema pensionistico. La misura ha provocato la reazione della popolazione e le proteste sono poi degenerate in episodi violenti che sono stati repressi dalle forze dell’ordine.

I settori dell’opposizione affermano che le manifestazioni hanno mostrato il malessere dei cittadini nei confronti di un governo autoritario e decadente, mentre il governo e il Fronte sandinista di liberazione nazionale, Fsln, denunciano il tentativo di destabilizzare le istituzioni con il sostegno di forze esterne al paese.

Lo scontro rimanda inevitabilmente alle guarimbas venezuelane del 2014. Lo stesso modus operandi fomentato dal mainstream e dalle reti sociali. Attraverso l’hashtag #SOSNicaragua il governo sandinista è stato sistematicamente demonizzato, mentre dietro il sipario i burattinai muovevano i loro fili.

Nessuna immagine degli edifici pubblici incendiati a Managua, Granada, Leon e Masaya; nessuna immagine dei saccheggi nelle sedi del Fsln un po’ in tutto il paese, nemmeno dei militanti sandinisti percossi, torturati e bruciati vivi in mezzo alla strada o uccisi con tattiche paramilitari.

Per quale ragione la stampa “indipendente” non ha mai pubblicato la notizia che “i manifestanti pacifici”, per esempio, hanno assassinato a La Trinidad il responsabile locale sandinista Miguel Ramos, hanno distrutto l’emittente Nueva Radio Ya, hanno dato fuoco alla Caja Rural Nacional (Caruna), o hanno saccheggiato l’edificio del Ministero dell’Economia Famigliare?

La polarizzazione storica

L’odio in Nicaragua viene da lontano. Storicamente tra liberali e conservatori e poi con l’irruzione sulla scena, nella lotta per la sovranità del paese, di Augusto C. Sandino quasi un secolo fa. La dittatura della dinastia Somoza, poi, ha aumentato i rancori e con il trionfo della Rivoluzione popolare sandinista nel 1979 questa stessa dicotomia si è trasformata in odio tra sandinisti e antisandinisti, tra rivoluzionari e controrivoluzionari.

Non è possibile analizzare quello che è successo a partire da aprile di quest’anno senza considerare questa forte polarizzazione: non è solo una questione politica o economica, si tratta anche di forti rancori e odi personali. Oggi addirittura all’interno del sandinismo, a cominciare dalla scissione del 1995 di un settore che si proclamò Movimento di rinnovamento sandinista, Mrs.

Il 4 dicembre, Ortega ha chiuso i lavori del XVI° Congresso dell’Unione nazionale degli studenti del Nicaragua, Unen, con una dura requisitoria contro suo fratello Humberto, membro anche lui della storica Direzione nazionale del Fronte Sandinista e capo dell’esercito durante il periodo del governo rivoluzionario e fino ai primi anni del governo neoliberista di Violeta Chamorro.

Il presidente l’ha accusato di essersi trasformato in “pedina e servo dell’oligarchia nazionale e dell’impero” statunitense. In precedenza Humberto aveva chiesto con un lettera pubblica “una soluzione pacifica alla tragica crisi che stiamo attraversando” spiegando inoltre che anticipare le elezioni dal 2021 al 2019 sarebbe stato un atto con il quale il presidente Ortega diceva “sì alla pace”.

Alcuni attivisti sandinisti, consultati sull’argomento, si sono detti sorpresi di questo battibecco tra fratelli e hanno coinciso sul fatto che la gestione del potere in mano alla coppia presidenziale Ortega-Murillo ha fatto arrabbiare parte della base sandinista. C’è chi punta il dito sull’errore iniziale di reprimere la protesta senza fare alcuna differenza tra i settori finanziati e quelli rappresentati dalla popolazione scontenta.

È ovvio che lo Stato, in quanto detentore dell’uso della forza, ha il compito di agire con decisione, ma deve anche farlo con prudenza. Ciò detto, sarebbe puerile e cinico ignorare il progetto di intervento e di destabilizzazione degli Stati Uniti attraverso una guerra di quarta generazione, che si ispira alle ‘rivoluzioni colorate’ di bassa intensità, teorizzate dal politologo Gene Sharp.

L’autore del saggio intitolato “Come abbattere un regime”, descrive in modo dettagliato l’esistenza di 198 modi per rovesciare i governi attraverso un golpe morbido. Questo modello utilizza gli studenti universitari come avanguardia politica illuminata e, in America Latina, attacca specificamente i governi di sinistra e progressisti.

Come già accaduto in Venezuela, anche in Nicaragua i mezzi di comunicazione hanno scelto di omettere, in modo arbitrario, sia l’uso di metodi paramilitari per assassinare dirigenti di base, sia il finanziamento internazionale a tutti quei settori dell’opposizione teoricamente democratici.

L’uso dei morti

Il rapporto della Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, indica che le forze repressive del governo avrebbero assassinato 322 persone. Risulta difficile comprendere come, in soli tre giorni e con la presenza di appena cinque persone, questo organismo della Organizzazione degli stati americani, Osa, sia potuto arrivare a tale conclusione.

L’investigazione è frutto di un copia-incolla dei rapporti delle tre organizzazioni dei diritti umani nicaraguensi, che si definiscono indipendenti ma che fanno parte della stessa stantia opposizione politica.

Si tratta dell’Associazione nicaraguense pro diritti umani, Anpdh, creata negli Stati Uniti nel 1986 dalla Contra con l’appoggio dell’amministrazione di Ronald Reagan e che si insedia in Nicaragua dopo la vittoria della Chamorro nel 1990. Il presidente storico dell’organismo è l’arcivescovo di ultradestra Abelardo Mata. Abbiamo poi il Centro nicaraguense dei diritti umani, Cenidh, in forza ai dissidenti del Mrs e la Commissione permanente dei diritti umani del Nicaragua, Cpdh, storicamente legata ai liberali.

Il giornalista di origine italiana, residente in Nicaragua, Giorgio Trucchi, in una conversazione telefonica precisa i chiaroscuri di questa crisi: “La Anpdh è quella che dà i dati più drammatici: denuncia 600 morti, 1000 persone scomparse, 500 prigionieri politici e in questo modo fa un favore all’informazione mainstream, che quando ha a disposizione certe cifre gode nel metterle in prima pagina. Quando queste organizzazioni dichiarano le loro cifre non sono credibili perché più che difendere i diritti umani ne fanno un uso politico. La Commissione della verità, giustizia e pace, creata dal Parlamento, è quella che ha cercato di fare un lavoro più serio e professionale, cercando anche di incrociare i dati e le informazioni dei morti e dei feriti durante la crisi, con le altre organizzazioni nazionali e internazionali, come per esempio la Cidh e l’Ufficio dell’alto commissario delle nazionai unite per i diritti umani, Oacnudh.
Inoltre si preoccupa di segnalare la quantità di danni causati a beni mobili e immobili pubblici, cosa che non appare in nessun rapporto delle organizzazioni dei diritti umani. A livello internazionale la Commissione non viene nemmeno presa in considerazione e nessuno ha voluto riunirsi, nè confrontare dati, e questo nonostante la maggior parte dei suoi integranti siano persone ineccepibili. Il numero di morti resi pubblici da questa Commissione è di 282, più della metà sono poliziotti o cittadini vicini al sandinismo”.

Soldi sporchi

“L’internazionale capitalista esiste, viene mobilitata dal movimento di estrema destra e, ovviamente, è molto ben finanziata: funziona tramite un immenso agglomerato di fondazioni, istituti, ONG e società, unite tra di loro da fili poco tracciabili. Tra questi si evidenzia la Atlas Economic Research Foundation, o la Red Atlas”, segnala l’analista venezuelano Álvaro Verzi Rangel.

A questa cospirazione partecipano anche le classiche coperture della CIA, come la Fondazione nazionale per la democrazia, NED, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, nota come USAID, che in Bolivia è stata espulsa dal presidente Evo Morales, e anche la Freedom House.

Come si spiega che i leader dell’Alleanza Studentesca M-19 siano stati invitati negli Stati Uniti dalla stessa Freedom House, facendosi poi fotografare sorridenti con i più noti rappresentanti dell’ultradestra cubano-americana come Ileana Ros-Lehtinen, Marco Rubio e Ted Cruz?

Ma anche Félix Maradiaga, che dirige l’Istituto per gli studi strategici e le politiche pubbliche, Ieepp, e Luciano Garcia, che presiede l’organizzazione Hagamos Democracia, hanno ricevuto grandi quantità di denaro dalla USAID.

Le inchieste del giornalista statunitense Max Blumenthal e di Verzi Rangel hanno permesso di fare luce sul ruolo di queste entità statunitensi e sui loro legami di sangue con le organizzazioni non governative nicaraguensi che hanno incitato al rovesciamento di Ortega. In particolare evidenziano come la USAID abbia contribuito alla “formazione della società civile e di organizzazioni che gestiscono mezzi di comunicazione” con 5,2 milioni di dollari.

Nel 2017 la NED ha consegnato un milione di dollari alla Cpdh, al Centro per l’impresa privata, alla Fondazione iberoamericana di cultura e alla Fondazione per lo sviluppo economico sociale e 305 mila dollari ad altri gruppi con l’obiettivo di “promuovere la democrazia”.

Per Trucchi “la riforma delle pensioni è stata solo la scusa per dare inizio al piano. Già dal secondo giorno, il 19 aprile, si può notare come s’inasprisca la protesta e appaiano i primi morti. La protesta viene infiltrata e degenera rapidamente in scontri sempre più violenti con la polizia. Inoltre, attraverso la manipolazione mediatica sui social e i mass media critici contro il governo, si è puntato a generare confusione e sgomento tra la popolazione, provocando così grandi mobilitazioni di protesta che avevano l’obiettivo di forzare le dimissioni di Ortega”.

E aggiunge: “Non c’è da stupirsi quando si vede questa gente, che è finanziata da organizzazioni come la Freedom House o dalle grandi ONG europee e agenzie statunitensi, riunirsi negli Stati Uniti con la mafia cubano-americana, o in Salvador con l’estrema destra di Arena e gli assassini di Mons. Romero. Li vediamo poi riuniti con Podemos in Spagna, con i movimenti femministi in America Centrale, con organizzazioni trotskiste o con gli zapatisti in Chiapas. È la solita ipocrisia e mancanza di valori. Hanno cercato di organizzare un colpo di stato e non ci sono riusciti”.

Trump attacca

“Io, Donald Trump, come presidente degli Stati Uniti, credo che la situazione in Nicaragua (…) rappresenti una straordinaria e insolita minaccia per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti e, pertanto, dichiaro un’emergenza nazionale per affrontare questa minaccia”, riporta l’ordine esecutivo firmato il 27 novembre dal presidente statunitense.

Tre giorni dopo, il governo statunitense ha annunciato che attraverso USAID donerà 4 milioni di dollari a organizzazioni della società civile nicaraguense.

“Quella di Trump è una decisione molto pericolosa -avverte Trucchi-, che si avvale dell’irresponsabilità dell’opposizione locale. Ha un duplice obiettivo: mettere l’amministrazione sandinista con le spalle al muro agendo sia a livello interno, con l’uso di campagne mediatiche e fakenews, sia a livello internazionale con misure di pressione sia politiche che economiche. L’opposizione non ha nessun’altra opzione se non quella di invocare l’intervento internazionale, vista l’incapacità di mobilitare gente e le oramai storiche e insanabili divisioni interne”.

Il giornalista fa infine un bilancio di quanto accaduto da aprile ad oggi: “Dopo otto mesi è ormai dimostrato che questa ‘insurrezione’ non è stata nè pacifica, nè spontanea, nè autoconvocata. Tra i 282 morti a causa della crisi e gli scontri, gli studenti universitari sono otto o nove. Una cosa grave, sicuramente, ma che mette in evidenza la falsità di una campagna mediatica che vorrebbe far credere all’esistenza di movimento universitario d’avanguardia alla testa della rivolta, brutalmente represso dal governo”.

“La popolazione che abita nei quartieri limitrofi alle università occupate si è dovuta rinchiudere nelle proprie case durante aprile, maggio e giugno. Sono stati tre mesi da incubo per le violenze commesse da questi settori – continua -. Lo sgombero dell’Università autonoma del Nicaragua, Unan, in luglio è durato tredici ore. È stato un vero e proprio scontro armato. Un gruppo che si denomina ‘pacifico’ non ha nessuna possibilità di resistere tredici ore all’assedio della polizia. Erano ben equipaggiati (non certo con pietre). Di conseguenza il piano era organizzato e aveva come scopo quello di rovesciare un governo eletto legittimamente e democraticamente. Sono gli stessi di sempre, anche se si cambiano il nome: Alianza Cívica o Unión Azul y Blanco. Chi conosce il Nicaragua sa che questa gente è sempre la stessa: dissidenti del sandinismo, imprenditori, ex contras, ONG e settori ultra conservatori della gerarchia cattolica, con la presenza ora di studenti universitari formati ideologicamente e tecnologicamente nell’uso dei mezzi di comunicazione e dei social durante gli ultimi dieci anni attraverso programmi finanziati da fuori”.

di Mariano Vázquez | Canal Abierto

Traduzione: Gianpaolo Rocchi

Fonte: Canal Abierto