Movimenti sociali, processo di cambiamento e anticapitalismo

movimentisocialiJulio C. Gambina

San Juan, 11 luglio 2015

Poco tempo fa ho affermato che l’enciclica papale “Laudato Si” legittima un dibattito sull’impatto del modello produttivo sul pianeta terra e sul ciclo della natura includendo la produzione e la riproduzione della vita umana. Ora, nella sua recente visita in America latina e specialmente nel suo discorso in Bolivia davanti a migliaia di attivisti dei movimenti popolari, Papa Francesco ha fatto considerazioni molto critiche riguardo al funzionamento dell’economia attuale soprattutto relativamente alla dominazione del mercato, dei soldi e del capitale. Allo stesso tempo ha rivendicato le esperienze produttive e riproduttive nella quotidianità dei lavoratori, contadini e poveri.

Nell’enciclica e nel discorso si può leggere una critica alla società contemporanea e alla sua organizzazione produttiva. Il suo discorso ha voluto andare oltre la comunità cristiana o cattolica, coloro che erano presenti fisicamente sono una parte importante della militanza sociale che nel secolo ventunesimo ha costruito le condizioni per un cambiamento politica nella regione al di là della loro situazione religiosa, credenti o no. Il suo discorso ha trasceso i presenti e i religiosi per intervenire in un dibattito sulla civiltà attuale.

Per questo voglio insistere su questa interpretazione sostenuta dalla critica al capitale inaugurata da Carlo Marx nel XVIII secolo secondo cui il problema è il capitalismo e la produzione capitalista che ha le sue radici nelle relazioni mercantili, relazioni di sfruttamento del capitale sui lavoratori  e nel saccheggio dei beni comuni. Il problema non è il mercato o il denaro in sé ma la forma feticista del valore. Non si può capire il mercato attuale o le funzioni del denaro ai nostri tempi senza una critica sostanziale al capitalismo.

Non si tratta di una questione morale ma da attribuire alle relazioni di sfruttamento e saccheggio che portano benefici a pochi ma danneggiano molti.

Terra, Tetto e Lavoro messi al centro del discorso papale, identificano come problemi sociali il processo di accumulazione originario del capitale, la violenza che espropria  della terra i popoli originari che, insieme alle scuse degli espropriatori chiedono una riparazione storica e mettono in discussione la proprietà privata.

L’espropriazione e l’appropriazione della terra generano il problema della casa per i poveri; non esistono i senza tetto se non si spiega la proprietà. Il regime capitalista ha avuto bisogno  dell’espropriazione della terra che condanna a vivere senza una casa una parte importante della popolazione e contemporaneamente dell’emergenza del lavoro salariato, condizione necessaria per lo sfruttamento capitalista. Il mercato immobiliare è il risultato dell’accumulazione capitalista e dell’appropriazione delle terre possedute collettivamente. La speculazione immobiliare è solo il prodotto della compra vendita di terre storicamente requisite da privati.

Si può leggere il Capitale per capire l’espropriazione della popolazione rurale europea per avere una massa operaria necessaria alla produzione capitalista. Ugualmente possiamo guardare alla storia dell’Argentina che ha visto la conquista del territorio, la distruzione della popolazione originaria e il processo di immigrazione per fornire al mercato capitalista nascente la forza lavoro necessaria per la valorizzazione dei capitali locali e di quelli esteri. Non è diversa oggi la ricerca di forza lavoro economica e approvvigionamento di abbondanti beni comuni da parte dei capitali sul mercato mondiale, percorso che sembra auspicabile per i paesi emergenti.

Il processo di accumulazione per appropriazione, che descrive David Harvey, non è altro che l’ordine capitalista. Il capitale richiede la subordinazione delle condizioni materiali e soggettive della produzione per assicurare il valore. Anche prima dei classici di economia politica, sappiamo che la Terra è la madre e il Lavoro è il padre della produzione della  ricchezza. La ricchezza risultante dell’ordine capitalista ha ricreato per secoli l’espropriazione della terra (proprietà privata della terra e dei mezzi di produzione) e l’espulsione delle popolazioni dai loro territori con un meccanismo che oggi definiamo accumulazione per esproprio. Questa è la storia della conquista e della colonizzazione delle nostre terre che si rinnova sotto le condizioni di dipendenza dalla tecnologia della produzione egemonica nei nostri paesi.

Nel messaggio del papa si promuove la lotta dei movimenti sociali per la terra, per il tetto e per il lavoro Per molti di noi e da molto tempo, questa è la critica al capitalismo e la discussione sulla costruzione di un nuovo ordine economico della società contro la crescente mercantilizzazione della vita quotidiana. L’appello del Papa rimanda anche all’attenzione verso la natura. Bisogna ancora vedere la risposta che produrrà questo messaggio critico sull’ordine economico ma sicuramente è stato pronunciato in un luogo, la Bolivia, che ha reso visibile la lotta indigena e contadina che, in alleanza con i lavoratori è la protagonista di un processo di cambiamento alla ricerca di nuove relazioni sociali di produzione nella prospettiva del socialismo comunitario e del Vivere bene.

Molto si discute e si discuterà sulle motivazioni dei messaggi del capo della Chiesa e sul loro impatto sulle classi dominanti e subalterne. Al di là del dibattito, quello che è certo è che il protagonista del cambiamento politico è il movimento popolare in lotta che si è confrontato col programma che il capitale transnazionale sta imponendo da un quarto di secolo nella regione. L’esperienza del XXI secolo ricrea la discussione per la civiltà contro il capitalismo, l’imperialismo, il colonialismo, la discriminazione, il razzismo e il patriarcato ed è un processo che si può definire solo partendo da una trasformazione profonda delle relazioni economiche contro il saccheggio e lo sfruttamento.  In quest’ottica non è sufficiente solo un richiamo alla difesa della madre terra ma occorre confrontarsi col regime capitalista.

– Julio C. Gambina, Presidente de la Fundación de Investigaciones Sociales y Políticas, FISYP.

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