Honduras, 12 anni di golpe
Resistenza incessante del popolo honduregno
Managua, 28 giugno.
Dodici anni fa, un colpo di stato civile-militare rovesciò l’allora presidente Manuel Zelaya e diede inizio a una delle crisi più profonde della storia recente dell’Honduras.
L’oligarchia honduregna, protetta dalle forze repressive dello Stato e da una classe politica vorace e corrotta, con l’approvazione subdola dell’imperialismo statunitense, sferrò un colpo mortale alle istituzioni, trasformando l’Honduras in terra di nessuno dove chi riempiva le piazze e lottava per le strade era catturato, torturato, assassinato, fatto sparire.
A partire da quel 28 giugno 2009 è stata resistenza contro il ‘golpe’ e contro i suoi progetti di morte. Strumenti di un modello neoliberista estrattivista predatorio e neocoloniale, che offre pezzi di Paese al miglior offerente, che svende beni comuni, che arma le mani degli assassini, che schiaccia sotto il peso dello stivale (militare) le aspirazioni di chi difende i territori ed esige di essere consultato, di chi propone rifondare la nazione attraverso un’assemblea nazionale costituente, originaria e popolare.
Donne, uomini, giovani, lavoratori e lavoratrici, organizzazioni indigene, nere e contadine,
sindacati, insegnanti, movimenti sociali e popolari, studenti. Migliaia di persone si sono mobilitate, hanno resistito e combattuto. Molti hanno offerto la loro vita, altri sono andati in esilio. Tantissimi sono fuggiti verso gli Stati Uniti.
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