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1. La colonia

Verso il IX-X secolo a.C., alcune popolazioni indigene iniziano a migrare dal Messico e si dirigono nelle terre occidentali del Nicaragua, dove la loro presenza è attestata da numerose statue di pietra e petroglifi incisi in talune grotte. Molte località del paese hanno ancora gli antichi nomi nahuatl, la lingua delle popolazioni mayas emigrate verso il XV secolo. L'economia di queste popolazioni si basa prevalentemente sull'agricoltura, la caccia e la pesca.
Le prime popolazioni che si trasferiscono in Nicaragua sono probabilmente i corobicies (od i leggendari chontales), i quali si espandono verso il nord e danno origine sia ai matagalpas dell'altopiano centrale che ai sumus-miskitos della Costa Atlantica. Tutti questi gruppi etnici presentano notevoli affinità linguistiche che li mettono in relazione con la cultura chibcha della Colombia.
Verso l'800 d.C., altre popolazioni di origine mesoamericana iniziano a penetrare in questo territorio, sul lato del Pacifico. Il primo gruppo è quello dei chorotegas, forse proveniente dalla zona messicana di Cholula o del Chiapas. In ogni caso presentano un'influenza culturale maya. Questi vengono cacciati dai loro insediamenti dalla popolazione dei nicaraos, appartenente alla cultura nahuatl e proveniente dall'Anahuác messicano.
Il primo incontro con gli europei avviene verso il mese di settembre del 1502, quando Cristoforo Colombo, durante il suo quarto ed ultimo viaggio, costeggia la costa caraibica del Nicaragua: giunge al Cabo gracias a Dios (attuale confine fra Nicaragua ed Honduras) e naviga lungo la costa atlantica sino alla foce del río San Juan.
La prima missione esplorativa spagnola, capitanata da Gil Gonzáles Dávila, giunge da Panamá solo nel gennaio del 1522 e sino al luglio dell'anno successivo percorre le rive del Lago Nicaragua, popolato da numerosi gruppi indigeni. Gli spagnoli fanno derivare il nome del paese da Nicarao, uno dei capi indigeni, il quale accetta pacificamente e benevolmente l'arrivo degli europei, convertendosi al cristianesimo. Non tutti i capi indigeni, però, accettano passivamente i nuovi venuti: il cacicco Diriangén, ad esempio, tenta con tutte le sue forze di respingere gli invasori europei. Proprio nella resistenza di questo capo indio, alcuni secoli dopo la Revolución popular sandinista individua la propria radice storica.
Padre Bartolomé de las Casas (1474-1566) scrive,
a proposito della conquista spagnola del Nicaragua: 
«Chi potrà mai abbastanza lodare la dolcezza, la salubrità, l'amenità e le ricchezze di una provincia tanto popolosa? (...) Eran di lor natura genti molto mansuete ed ebbero a patir per questo infinite rovine. Quel tiranno e gli aguzzini complici suoi, che con lui avevano avuto parte nella totale distruzione di quell'altro regno, fecero subire a queste popolazioni tanti mali e nefandezze che non v'è lingua umana capace di raccontarlo.
«(...) Tutte queste stragi si son perpetrate nel volgere di quattordici anni. Saran rimasti ora in tutta la provincia di Nicaragua una cosa come quattro o cinquemila persone (...). E quella era, come ho già detto, una delle terre più popolose del mondo».
La Conquista del Nicaragua, come del resto quella di tutti gli altri paesi dell'America Latina, si compie nel segno della rapina e dell'asservimento delle popolazioni indigene, dato che gli spagnoli che giungono in queste terre non si preoccupano assolutamente di comprendere la cultura e l'organizzazione politico-economico-religiosa delle popolazioni che la abitano. La schiavitù è, infatti, il rapporto sociale imposto dai primi colonizzatori e conquistatori.
Al momento della Conquista spagnola, gli abitanti dell'attuale Nicaragua appartengono a due gruppi etnici ben distinti fra loro: sulla costa del Pacifico sono di origine nahuatl, mentre sulla costa dell'Atlantico discendono dai chibchas. I primi giungono in questo territorio, attraverso tre grandi migrazioni, fra il XIII ed il XV secolo, e la loro attività è prevalentemente agricola, artigianale e commerciale. Le popolazioni atlantiche presentano, invece, una cultura seminomade e sono dediti essenzialmente alla pesca, alla caccia ed all'agricoltura di tipo migratorio.
Gli spagnoli colonializzano la regione, capitanati da Francisco Hernández de Córdoba, il quale fonda sia la città di Granada che quella di León. Entrambe vengono edificate su precedenti villaggi indigeni, le cui popolazioni sono letteralmente soggiogate dai conquistadores.
Nel 1523 il Nicaragua (o, per meglio dire, la costa del Pacifico) diventa una colonia spagnola, nonostante che alcuni gruppi di nativi tentino di opporsi alla dominazione straniera: migliaia di indios vengono massacrati, mentre altrettanti sono deportati come schiavi in vari paesi latinoamericani.
Sin dai primi anni, il paese vive una serie di lotte intestine fra i vari conquistadores, i cui corpi di spedizione si disputano il territorio, credendo che in esso vi siano immensi tesori. Nel 1527 è Pedrarias Dávila, tristemente celebre per le sue crudeltà, ad ottenere il titolo di governatore del territorio al cui interno si trova anche il Nicaragua.
Il Nicaragua viene incluso nella Capitanía general de Guatemala solo nel 1573; all'inizio è associato all'Audiencia de Santo Domingo, dal 1539 all'Audiencia de Panamá e dal 1544 all'Audiencia de los confines (creata per unificare i cinque paesi centroamericani). La Corona spagnola riunisce i territori che vanno dal confine meridionale del Costa Rica a quello settentrionale del Guatemala, nella Capitanía general de Guatemala, governata da un viceré.
In ogni caso, così come avviene per il resto dell'America Centrale, il Nicaragua resta una colonia del tutto marginale, una semplice zona di passaggio fra i grandi centri del Messico e del Perú. Sin dai primi anni del periodo coloniale, l'oro alluvionale estratto con qualche successo nelle montagne de Las Segovias, non procura una ricchezza duratura, sebbene di certo aggiunga nuovi e potenti incentivi per la riduzione in schiavitù degli indios nicaraguensi, decimando popolazioni sempre più scarse. Solo nel XVIII secolo, svanita oramai la speranza di trovare grandi giacimenti auriferi, si inizia lentamente a sviluppare l'agricoltura, mentre la regione del Pacifico si trasforma in una sorta di grande allevamento che serve per rifornire di carne il resto dell'area centroamericana.
Sin dalla Conquista, infatti, l'economia dei paesi centroamericani è costantemente rivolta all'esportazione, a causa di una serie di prodotti come il cacao, lo zucchero, il caffè, le banane e così via. Non a caso, l'economia di tutta l'area viene definita «del postre», ossia «del dessert». Queste coltivazioni, però, nel corso dei secoli richiedono uno spazio sempre maggiore ed implicano, pertanto, una graduale diminuzione delle colture di sostentamento.
Migliaia di indios vengono deportati come schiavi nelle miniere peruviane. Molti di loro preferiscono suicidarsi, piuttosto che essere catturati e condotti ai lavori forzati; in molti casi sacrificano addirittura i propri figli e si lasciano morire di fame. Fra malattie epidemiche importate dagli europei e lavori forzati, in soli cinquant'anni la popolazione del versante occidentale del Nicaragua passa, secondo le stime, da seicentomila abitanti a soli ottomila. L'attuale popolazione nicaraguense nasce, quindi, dall'incontro-scontro fra due civiltà: quella iberica e quella indigena, e dà così origine al gruppo etnico dei meticci, abbondantemente maggioritario fra la popolazione attuale del paese.
Gil Gonzáles Dávila in una lettera al re di Spagna afferma che in questo paese v'è un lago talmente grande che assomiglia ad un mare: perciò, il Cocibolca viene chiamato «mar dulce» dagli spagnoli. Però, questo conquistatore non riesce a scoprire il collegamento fluviale con l'Atlantico, individuato solamente nel 1539: da questo momento in poi, il río San Juan diviene il corso d'acqua più importante del Nicaragua, tanto che gli stessi conquistadores ereggono numerose fortificazioni lungo le sue rive, per proteggere le imbarcazioni dirette in Spagna, cariche di merci. Da questo momento in poi, il río San Juan entra nella leggenda: la regina Isabella pensa addirittura che sia «grande come il Guadalquivir che passa per Sevilla».
Con la Conquista spagnola v'è un vero e proprio fiorire di cittadine, stazioni commerciali e scuole: ad esempio, Granada si inserisce all'interno di un intenso commercio con gli altri paesi centroamericani.
Nel 1632, un gruppo di puritani inglesi sbarca sull'isola di Providencia, la quale si trova proprio di fronte alla costa nicaraguense ed attualmente appartiene alla Colombia; questi europei iniziano immediatamente la produzione di tabacco e di canna da zucchero, ma abbisognano di manodopera, per cui «importano» degli schiavi dall'Africa. Qualche anno dopo, in seguito ad un naufragio, molti di questi schiavi si rifugiano sulla costa nicaraguense ed iniziano a mescolarsi con le popolazioni indigene presenti. Nel 1641 gli stessi inglesi distruggono tutto ciò che si trova sull'isola e gli africani rimasti fuggono sulla costa.
Mentre nell'area del Pacifico si afferma indisturbata la dominazione spagnola, sulla Costa Atlantica la penetrazione dei conquistadores viene tenacemente contrastata dalla resistenza indigena, per cui non riescono mai a costituirvi insediamenti stabili, né tanto meno ad integrare questi territori nei propri dominî. Inoltre, la comune lotta contro gli spagnoli, facilita l'alleanza fra i pirati e queste popolazioni sin dal XVII secolo. Questa situazione favorisce, quindi, le incursioni di pirati e filibustieri inglesi, i quali iniziano la loro penetrazione nel territorio caraibico sino a raggiungere la zona interna del Nicaragua, risalendo il corso del río San Juan (nel 1643 saccheggiano Matagalpa; due anni dopo è la volta di Granada e nel 1685 tocca a León).
Il gruppo etnico miskito, infatti, è un organismo sociale aperto, in attivo interscambio con l'ambiente in cui vive e che si trasmette da una generazione all'altra la lingua, la cultura e le tradizioni. I gruppi autoctoni mantengono le loro credenze ancestrali, che si mescolano ed arricchiscono con elementi di origine africana e caraibica, dando così origine all'attuale religione sincretica di queste popolazioni.
Nel 1675, circa alla metà del corso fluviale del río San Juan, viene eretto il Castillo de la Inmaculada Concepción, in ottima posizione strategica per la sua difesa, con una potenza di fuoco di ben quarantasei cannoni. Si tratta della più antica fortificazione coloniale spagnola dell'America Centrale.
Nel 1792, alcuni pirati inglesi intendono impossessarsi del Castillo, ma il responsabile della fortezza, Pedro Herrera, muore poche ore prima. È presente solamente, come massima autorità, un sergente, il quale, pieno di timore, è decisamente diposto a consegnare El Castillo agli invasori. Rafaela Herrera, figlia del responsabile della fortezza, che ha appena diciannove anni d'età, pensa che, per l'onore della propria Patria e del padre appena deceduto, non può permettere che cada in mani nemiche. Di fronte alla risposta negativa di Rafaela, gli inglesi iniziano a sparare contro i difensori del Castillo, ma la ragazza, educata in un ambiente militare, conosce bene l'uso delle armi: risponde al fuoco degli invasori ed alla terza cannonata riesce ad uccidere il comandante, facendo così fuggire i restanti aggressori.
Nella prima metà del XVII secolo, vengono realizzati i primi insediamenti britannici ed inizia anche la rapina delle materie prime, soprattutto dell'abbondante e pregiato legname. Varie colonie britanniche si stabiliscono nella zona caraibica dell'America Centrale (ex Honduras britannico, attuale Belice) ed in Nicaragua nella zona di Bluefields e della Laguna de Perlas. Gli inglesi stringono immediatamente relazioni dirette con i miskitos del litorale e con essi, in forma «pacifica», stabiliscono una serie di scambi commerciali che conducono ad una totale trasformazione degli equilibri fra i diversi gruppi etnici, rafforzando i miskitos e mettendoli in una condizione di dominio sulle altre popolazioni.
Sulla struttura sociale aperta degli stessi miskitos, nel 1711 gli inglesi sovrappongono quella monarchica: così, il re miskito Annibal proclama, con il nome di «Mosquitia», l'«indipendenza» della regione atlantica, posta sotto la protezione britannica.
In seguito, si impossessa della cosiddetta «Mosquitia», consolidando il proprio dominio con la costituzione di un protettorato su questo territorio atlantico. Dal canto suo, la Spagna non accetta l'«intromissione» britannica ed in varie occasioni cerca di scacciare gli inglesi da quello che considera un proprio territorio; ma proprio i miskitos, durante il Settecento, sono i protagonisti di varie rivolte contro gli «invasori» spagnoli. Nella popolazione delle due aree geografiche viene inculcato l'odio reciproco che in Europa, in questo stesso periodo, divide spagnoli e britannici. Per vari secoli queste due zone seguono pertanto destini completamente diversi sia come abitudini che come lingua, religione, economia e così via.
Questa realtà storica è da tenere in conto, per comprendere i problemi che alcuni secoli dopo si trova ad affrontare in questa parte del paese il governo dopo il trionfo rivoluzionario con il conflitto anche armato che vede opporsi fra loro sandinisti e miskitos, dopo il 1979.
Nel 1780 un ancora sconosciuto Horace Nelson tenta di impadronirsi del Castillo de la Inmaculada Concepción, eretto dagli spagnoli sul río San Juan. Ma durante la battaglia, il futuro ammiraglio britannico perde un occhio e viene colpito da una forte dissenteria. La fortuna è comunque dalla sua parte: su oltre duecento uomini che attaccano la fortificazione, solamente dieci riescono a salvare la loro vita.
La Gran Bretagna riconosce la sovranità spagnola su questo territorio solamente nel 1786, però continua ad essere pesantemente presente sino agli ultimi anni del XIX secolo, ben oltre l'Indipendenza dei paesi centroamericani dalla Spagna.
James Monroe
«Noi dobbiamo, quindi, in nome dei rapporti sinceri ed amichevoli esistenti fra gli Stati Uniti e le suddette potenze [europee, NdR], dichiarare che considereremo un pericolo per la nostra pace e per la nostra sicurezza, ogni loro tentativo di estendere ad una qualsiasi regione del nostro emisfero, il loro sistema politico. Non abbiamo voluto né intendiamo interferire nelle colonie o nei possedimenti euopei attualmente esistenti, né intendiamo farlo in futuro».


James Monroe, 2 dicembre 1823

Solo con i primi decenni dell'Ottocento, inizia il declino britannico nella regione, a favore della più aggressiva e potente espansione nordamericana, anche in seguito alla proclamazione della «dottrina Monroe» del 1823 («l'America agli americani»).


Per approfondire questi argomenti, si consiglia la lettura di:

Laurette Séjourné, America precolombiana, Feltrinelli 1971
Richard Konetzke, America centrale e meridionale. La colonizzazione ispano-portoghese, Feltrinelli 1968
Remo Mazzacurati, La cerniera. Il Nicaragua prima di Colombo, Synergon 1992
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