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4. La lotta di Sandino, generale degli uomini liberi

Augusto CÈsar Sandino
Se nel 1925 i marines abbandonano il paese, vi ritornano però l'anno seguente, per combattere la rivolta costituzionalista dei liberali Juan Bautista Sacasa e José María Moncada. Il conflitto fra liberali e conservatori si riaccende quindi nel 1926, quando Chamorro, uomo forte dei conservatori, riconquista il potere con un colpo di mano: entrano nuovamente in scena le truppe statunitensi, ma una parte dell'esercito nicaraguense guidata da Moncada si ribella e tiene in scacco le forze d'invasione, sino al marzo del 1927, momento in cui questo generale viene letteralmente comperato ed abbandona la lotta. La guerra, perciò, si conclude con un patto fra le fazioni in lotta e, così, gli Stati Uniti fanno eleggere come presidente proprio il liberale Moncada, in precedenza schierato contro l'intervento dei marines inviati da Coolidge.
Calvin Coolidge
«Mi colpì che fosse il cappello di Sandino, non il suo viso, la più potente icona del Nicaragua. Un Sandino senza cappello non sarebbe stato riconoscibile: ma la sua presenza lì sotto non era più necessaria al potere evocativo del cappello. Spesso le scritte murali del Fsln erano suggerite da uno schizzo del famoso copricapo, un disegno che assomigliava esattamente al simbolo dell'infinito sormontato da un vulcano conico».


Salman Rushdie

Due anni dopo, è proprio un generale di Moncada, Augusto César Sandino, che, non accettando il patto concluso con gli statunitensi in nome della pace interna, si pone alla testa di un piccolo gruppo di uomini e prosegue la battaglia. Poco per volta, questo gruppetto si trasforma in un vero e proprio esercito (soprannominato «esercito pazzo») che combatte strenuamente contro le truppe di occupazione: è formato interamente da volontari, per la maggior parte semplici contadini che iniziano una vera e propria guerra di liberazione partendo dalle montagne de Las Segovias, nel nord del paese.
Fra il 1927 ed il 1933, anno in cui i marines lasciano definitivamente il paese, Sandino crea e dirige l'Esercito difensore della sovranità nazionale del Nicaragua, costituito da elementi scelti, quasi tutti di estrazione contadina e proletaria, ai quali in seguito si aggiunge anche una brigata internazionale composta da intellettuali e studenti provenienti da vari paesi dell'America Latina.
America Latina
«Sono nicaraguense e sento con orgoglio che nelle mie vene scorre sangue di indio americano che racchiude il mistero dell'essere un patriota leale e sincero.
«Voglio dimostrare ai pessimisti che non si invoca il patriottismo per ottenere favori od incarichi pubblici, ma attraverso fatti concreti, improntando tutta la vita all'insegna della difesa della sovranità della Patria. Certo è preferibile morire, prima di accettare l'umiliante libertà dello schiavo.
«L'America Latina unita si salverà; divisa perirà. (...) La mia Patria, quella per cui lotto, ha come frontiere l'America Latina».


Augusto César Sandino

Dal trionfo della Rivoluzione popolare sandinista nel 1979, l'immagine stilizzata di un cappello a larghe falde diviene il simbolo ricorrente dell'uomo che vuole difendere ad ogni costo la sovranità nazionale e cacciare definitivamente i marines dal proprio paese.
Sandino nasce il 18 maggio del 1895 a Niquinohomo (Masaya) e conosce tutte le privazioni e la povertà che la società nicaraguense del tempo fa vivere ai contadini figli naturali di possidenti. A vent'anni lascia la casa paterna per andare a lavorare nelle piantagioni dell'Honduras, del Messico e del Guatemala, alle dipendenze della United fruit company e di alcune compagnie petrolifere. In queste occasioni, entra in contatto con delle realtà sociali in cui le condizioni di sfruttamento e di dominio imperialista sono decisamente plateali, ma anche con le idee anarcosindacaliste messicane, con quelle del socialismo e della Rivoluzione d'ottobre. Questa esperienza, pertanto, lo conduce ad una profonda presa di coscienza della situazione esistente nel proprio paese natale.
Nel corso degli Anni Venti e Trenta il Nicaragua è, a tutti gli effetti, un protettorato statunitense in cui si alternano fasi di occupazione diretta a momenti in cui presidenti come Díaz, Chamorro e Moncada non sono altro che i portavoce delle oligarchie dominanti ed utilizzano il sostegno nordamericano a fini del tutto personali, per quanto mascherati da una roboante retorica che si richiama ad istanze patriottico-populiste.
All'inizio, l'obiettivo di Sandino è il ritorno al governo costituzionale, ma l'intensificarsi dell'intervento militare statunitense trasforma la sua lotta in guerra nazionale antiimperialista. Al culmine del conflitto, il suo esercito di liberazione arriva ad avere tremila uomini, fra i quali numerosi volontari latinoamericani. Con questo esercito, il generale degli uomini liberi affronta per sei anni ben dodicimila marines, oltre alle truppe locali dei partiti tradizionali e, malgrado l'enorme disparità delle forze, non viene mai sconfitto.
La vera lotta antinterventista ed antimperialista del Nicaragua inizia quindi nel 1927, quando questo esercito contadino attacca la città di Ocotal, presidiata dai marines. Nel novembre del 1928, all'ammiraglio Sellers che lo invita a cessare le ostilità, il generale degli uomini liberi risponde: «La sovranità di un popolo non si discute, si difende con le armi in pugno. Solamente la continuazione della resistenza armata porterà i benefici ai quali lei allude, esattamente come l'ingerenza straniera nelle nostre faccende porta alla perdita della pace e provoca l'ira del popolo».
Sandino elabora la strategia della guerriglia moderna e trasforma il conflitto con la più poderosa potenza militare ed economica del mondo in una lunga guerra di liberazione contro gli yankees, che finisce per sconfiggere: ottiene vittorie incredibili e fra il 1931 ed il 1932 la guerriglia sandinista si estende in tutto il territorio nazionale, compresa una parte della Costa Atlantica. Dal 1931 questo gruppo guerrigliero si trasforma in un vero e proprio esercito popolare, in grado di affrontare una guerra di movimento ed è dotato persino di cavalleria.
Così, nel corso degli anni, i patrioti infliggono pesanti perdite alle truppe d'invasione: a Saraguasca, El jícaro, Las flores, San Fernando, Las cruces, El bramadero, El chipotón, San Pedro, La conchita, Santa Rosa e via dicendo. Dal canto loro, gli statunitensi sperimentano per la prima volta nella storia i bombardamenti ed i mitragliamenti aerei sulla popolazione civile ad Ocotal, Murra, Las cruces e Matagalpa, infierendo su vecchi, donne e bambini inermi.
È opportuno ricordare che negli anni che vanno dal 1927 al 1932, la gerarchia cattolica nicaraguense non dice nulla a proposito dell'intervento armato statunitense, ignorando completamente la resistenza guidata da Sandino. Eppure, si tratta di una guerra estremamente feroce: le truppe d'invasione, nell'impossibilità di colpire l'esercito sandinista, scatenano la loro ferocia sulla popolazione civile inerme, portando ad un'ulteriore radicalizzazione dello scontro e ad un appoggio di massa sempre più diffuso all'Esercito difensore della sovranità nazionale. Si tratta, infatti, di una vera e propria guerra popolare, basata su un'ideologia nazionalista, la quale pone al centro del proprio programma la questione patriottica ed antimperialista, e che trae la propria forza dalla radicata coscienza dell'origine indigena ancestrale della popolazione nicaraguense, in quanto tale opposta ad un'America totalmente dominata dagli anglosassoni, ossia dai gringos.
Le radici di questa lotta, in netto contrasto con l'alienazione delle classi dominanti centroamericane, sono la ragione fondamentale dell'ascendente di Sandino sulla popolazione rurale, che gli consente di riportare successive ed importanti vittorie, le quali gli assicurano il controllo su vaste regioni dell'interno. È anche la causa, però, dei suoi limiti politici, della mancanza di un progetto di presa del potere e di ricostruzione della società su basi nuove.
Già all'inizio del 1928, il generale degli uomini liberi è conosciuto a livello mondiale: persino una delle divisioni dell'esercito rivoluzionario cinese viene denominato «Sandino». Con la VI Conferenza panamericana de La Habana, il suo nome diviene una bandiera di lotta per tutta l'America Latina ed il I Congresso antimperialista di Francoforte dà pieno appoggio alla lotta di liberazione nicaraguense. Negli stessi Stati Uniti, si forma il comitato Mafuenic (Manos fuera de Nicaragua), composto da numerosi intellettuali nordamericani e di varie altre nazionalità.
Nel corso della lotta, le idee politiche del generale degli uomini liberi subiscono naturalmente un'evoluzione, la quale viene variamente ricostruita ed interpretata. Non v'è dubbio, però, che la sua base di partenza sia la denuncia della dipendenza economico-politica del Nicaragua dagli Stati Uniti, per cui Sandino rivendica a gran voce l'espulsione delle truppe d'occupazione, la formazione di una salda base di solidarietà ispanoamericana e non rifiuta neppure la possibilità della realizzazione del passaggio interoceanico attraverso il proprio paese: piuttosto, ne contesta i diritti esclusivi riconosciuti al governo di Washington. Sul piano sociale, egli individua nei più grossi interessi dei produttori di caffè la causa principale dell'impoverimento di vasti settori contadini Per questo, in lui matura un orientamento riformatore che punta a riconoscere allo Stato la proprietà dei suoli e la necessità di costituire una fitta rete di cooperative.
Gli effetti della crisi economica mondiale del 1929 (successivi al crollo della Borsa di New York), fanno precipitare in uno stato miserevole tutta la debole struttura economica del paese, soprattutto a causa del crollo del prezzo del caffè. Questa situazione, infatti, getta nella disoccupazione e nella miseria una gran parte della popolazione dedita all'agricoltura.
All'inizio dell'intervento militare, la Casa Bianca assicura ai propri cittadini che il «problema Sandino» è poca cosa, risolvibile in qualche mese. Invece, passano gli anni ed i marines che ritornano a casa sono dentro a casse da morto, esattamente come alcuni decenni dopo avviene con la guerra del Vietnam. L'opinione pubblica interna inizia ad innervosirsi e le madri dei soldati inviati in Nicaragua chiedono con sempre più forza il rimpatrio dei loro figli.
Di fronte alla pressione interna ed alle numerose proteste internazionali, oltre alle continue e sempre più pesanti sconfitte militari, gli Stati Uniti compiono il primo passo indietro, decidendo di non inviare più uomini, ma di formare un esercito locale, perfettamente addestrato dai marines: si tratta di un corpo armato, formato esclusivamente da nicaraguensi, che ha l'unico scopo di sconfiggere militarmente la guerriglia. Con questa grossa svolta tattica, militare e politica, il governo di Washington nel 1929 fonde in un solo corpo la polizia e gli eserciti dei partiti politici del Nicaragua (liberale e conservatore), creando in tal modo la Guardia nacional, preparata intensivamente anche sul terreno ideologico. Alla testa di questa istituzione militare pongono un personaggio di loro completa fiducia: Anastasio Tacho Somoza García.
Alla fine del 1932 gran parte del paese è oramai sotto il controllo dell'esercito sandinista che, nel mese di ottobre, si trova alle porte di Managua. Così, la Casa Bianca annuncia il ritiro dal territorio nicaraguense: raggiunto lo scopo, abbandona il paese nel mese di dicembre, lasciando che i problemi vengano «risolti fra nicaraguensi» (una sorta di «vietnamizzazione» ante litteram). Nel gennaio successivo viene nuovamente eletto il liberale Sacasa alla presidenza della Repubblica (il quale governa dal 1933 al 1936), ma la sua carica ha oramai un carattere puramente formale: il vero centro del potere è nelle mani della Guardia nacional. Ha inizio proprio in questo periodo la politica di «buon vicinato», inaugurata da Franklin Delano Roosevelt durante la VII Conferenza panamericana di Montevideo (1933), la quale implica la rinuncia all'intervento militare diretto della Casa Bianca nei vari paesi dell'America Centrale e dei Caraibi.
Franklin D. Roosevelt
«(...) Dal 1926 era aumentato il debito pubblico ed il cosiddetto tesoro nazionale era in piena bancarotta. Questo costrinse il governo a chiedere nuovi prestiti alla banca nordamericana (...).
«La crisi capitalista degli Anni Trenta, colpì la produzione di caffè, di caucciù, di legname e di zucchero, con un grande calo nella bilancia dei pagamenti. Il terremoto del 1931, che sconvolse Managua, complicò le cose sino all'estremo, da cui risultò impossibile pagare il debito estero. Non ci fu altro modo per affrontare la crisi, che esercitare il controllo dei cambi nel 1931 e svalutare il córdoba nel 1934, anno che coincide con l'assassinio del generale Augusto Sandino. Successive svalutazioni nel 1937 e nel 1938 fecero pressione perché il debito estero venisse ridimensionato, quando oramai Anastasio Somoza García era signore di servitori e pardoni».


Tomás Borge

Con l'elezione di Sacasa alla presidenza, frutto di un ennesimo patto di pacificazione oligarchico, e con la partenza delle truppe straniere d'invasione, a giudizio di Sandino vi sono le condizioni necessarie per l'apertura di un dialogo. Appena l'ultimo contingente di marines lascia il Nicaragua (nel gennaio del 1933), dopo sei anni di lotta portata avanti in condizioni durissime, è pronto a trattare: nel mese di febbraio si reca a Managua, dove viene acclamato dalla folla, per discutere le condizioni di pace. Accetta di trattare anche il ritiro e la smilitarizzazione del proprio esercito popolare e viene quindi invitato dal presidente a stipulare l'accordo. Il 2 febbraio del 1933 viene quindi firmato il «Trattato di riconciliazione nazionale», con il quale Sandino accetta le promesse del neopresidente e depone le armi in cambio di un'amnistia generale per i guerriglieri e della distribuzione alle loro famiglie di terre incolte di proprietà statale. Dopo un netto rifiuto di qualsiasi riconoscimento personale, si ritira con un centinaio di uomini nella zona di Wiwilí, presso il río Coco, dove organizza con i contadini una cooperativa agricola e di estrazione mineraria.
Il 22 febbraio successivo, a San Rafael del Norte, depone le armi, ma la pacificazione dura molto poco: l'assegnazione delle terre non viene effettuata e si scatena anche la persecuzione nei confronti dei militanti sandinisti. Le aggressioni e le uccisioni proseguono senza sosta; molti ex guerriglieri vengono arrestati ed assassinati dalla Guardia nacional, e questo provoca la giusta protesta di Sandino, il quale si reca varie volte a Managua per trattare direttamente con il presidente.
Occorre ricordare, per dovere storico, che Sandino non è uno stretto marxista e non viene molto considerato dal comunismo ortodosso: nel 1929 viene persino denunciato dall'Internazionale comunista come un «leader piccolo borghese» e dopo la firma del trattato di pace con Sacasa, viene accusato di tradimento del movimento antimperialista in Nicaragua. Ciò nonostante, di fronte alla sua posizione intransigente, il governo statunitense ritiene oramai assolutamente necessaria la sua eliminazione fisica e l'ordine viene trasmesso a Somoza tramite l'ambasciatore Arthur Bliss Lane. Il 21 febbraio del 1934, Sandino viene ricevuto da Sacasa, il quale gli assicura il proprio diretto e personale interessamento affinché la questione venga risolta positivamente. Ma all'uscita dal colloquio (che si svolge di sera, nel palazzo presidenziale), il generale degli uomini liberi viene fatto prigioniero ed assassinato. Secondo testimonianze attendibili, poche ore prima dell'omicidio, il futuro dittatore afferma: «Vengo ora dall'ambasciata statunitense, dove mi sono incontrato con l'ambasciatore, il quale mi ha assicurato che il governo di Washington appoggia e raccomanda l'eliminazione di Sandino, considerandolo un perturbatore della pace del paese».
La stessa notte, la Guardia nacional accerchia il villaggio di Wiwilí, roccaforte sandinista, e massacra la popolazione disarmata: il bilancio è di alcune migliaia di morti. Scopo dell'operazione, è quello di evitare per sempre che si parli ancora di sandinismo e l'opera viene completata nel 1936, con un golpe grazie al quale Somoza si libera di Sacasa ed instaura una dittatura, prima personale e poi familiare, che dura oltre quarant'anni.
Il luogo della sepoltura di Sandino viene tenuto accuratamente nascosto, come segreto di Stato; dal 1934 persino il suo nome viene messo al bando in tutto il paese. Ma le sue azioni e le sue idee vengono gelosamente custodite, trasformandosi nel nucleo fondamentale, strategico e tattico, sulle quali trent'anni dopo si costituisce il Frente Sandinista de Liberación Nacional.


Per approfondire questi argomenti, si consiglia la lettura di:

Sergio Ramírez, Sandino, il padre della guerriglia, Cittadella 1978
Gregorio Selser, La guerriglia contro i marines, Feltrinelli 1972
Francesco Maraghini, Augusto César Sandino. Le origini storiche del nuovo Nicaragua, DataNews 1989
Gustavo Beyaut, America centrale e meridionale. Dall'Indipendenza alla crisi attuale, Feltrinelli 1968
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Album fotografico di Sandino

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