Logo Associazione Italia-Nicaragua
Linea bandiera Nicaragua
6. «¡Vamos muchachos!»
La lotta del Fsln contro Somoza

Bandiera Fsln

 
Come dice il nome stesso, il Frente Sandinista de Liberación Nacional trova la propria diretta ispirazione in Augusto César Sandino ed i sandinisti ritengono che il primo nemico da battere sia l'imperialismo, perciò il loro programma parte da questa evidente realtà storica. Al tempo stesso, il fine ultimo è quello di uscire dallo stato di tremenda schiavitù e di spaventosa povertà in cui la dominazione spagnola prima ed il regime somozista dopo tengono per secoli líintera popolazione nicaraguense.
È quindi più che naturale che il punto fondamentale del programma del movimento rivoluzionario sia quello di liberare il paese da Somoza e dall'ingerenza degli Stati Uniti, per costruire successivamente una democrazia basata sulla fattiva partecipazione della popolazione e rivendicare il diritto all'autodeterminazione ed al non allineamento.
Ancora studente, Carlos Fonseca Amador si dedica alla ricerca dei documenti relativi al generale degli uomini liberi ed alla sua lotta antimperialista: si tratta di un'impresa veramente ardua, poiché Somoza fa di tutto per cancellare dalla memoria storica del paese il suo ricordo. Nel 1959, poco dopo il trionfo della Rivoluzione cubana, abbandona il Partito socialista nicaraguense (comunista), la cui linea filosovietica esclude totalmente l'ipotesi di una lotta armata, ed aderisce alla guerriglia. Nello stesso anno, cerca di stabilire una colonna guerrigliera al nord del paese (denominata «Rigoberto López Pérez»), ma proprio perché è, ancora una volta, un tentativo isolato, viene sconfitto ad El Chaparral dall'esercito honduregno e dalla Guardia nacional; lui stesso resta gravemente ferito durante lo scontro a fuoco.
Il 23 luglio del 1961 a Tegucigalpa (Honduras), fonda, insieme a Silvio Mayorga e Tomás Borge, il Frente Sandinista de Liberación Nacional, che all'inizio è ideologicamente influenzato dal modello cubano. Numerosi combattenti, però, muoiono in scontri a fuoco con la Guardia nacional ed il Frente Sandinista de Liberación Nacional (Fsln) si vede costretto ad un ripiegamento.
Sin dal 1963 nel Fsln milita anche Daniel Ortega, che in questo periodo ha solamente diciotto anni d'età. Ben presto entra a far parte dell'esecutivo e nel 1966 viene nominato responsabile della resistenza urbana, ma un anno dopo viene arrestato a Managua e condannato a sette anni di prigione.
Altri tentativi successivi di lotta armata sono quelli di Pantuca nel 1963 e di Pancasán nel 1966 (nel 1965, Carlos Fonseca viene arrestato e poi espulso dal paese). Dato che tali tentativi vedono sconfitto il Fsln, i dirigenti del movimento decidono di riunirsi nel 1969 a La Habana (Cuba). A questo incontro partecipano anche Humberto Ortega ed Eduardo Contreras. In questa occasione viene pure stabilito il programma politico del movimento.
Poi v'è il ritorno in montagna, a cui fanno seguito le battaglie, la repressione, gli imprigionamenti e le torture. Dal 1970 al 1974, il Fsln adotta la strategia della «guerra popolare prolungata», ma un gran numero di quadri cittadini vengono uccisi, anche se il movimento rivoluzionario continua ad espandersi. Fra il 1970 ed il 1971, infatti, i sandiniti subiscono ancora una serie di pesanti sconfitte militari e Fonseca viene nuovamente arrestato. Per liberarlo, viene organizzato il sequestro di un aereo in Costa Rica, sul quale viaggiano quattro funzionari della United fruit company.
Nel dicembre del 1974, il Fsln passa all'azione: un commando guidato da Eduardo Contreras sequestra dodici personalità nella casa di José María Chema Castillo Quant (presidente del Banco nicaragüense), che scambia con quattordici detenuti politici. È il 27 dicembre e, proprio in seguito a questa azione politico-militare, il Fsln ottiene la liberazione di numerosi prigionieri politici (fra i quali lo stesso Daniel), mentre i comunicati rivoluzionari vengono trasmessi per radio. Questa azione non solo ottiene una vasta eco in tutto il paese, ma anche a livello internazionale si inizia finalmente a parlare della realtà di questo paese e della lotta dei «muchachos» sandinisti. Somoza risponde nell'unico modo che conosce: impone lo stato d'assedio, la censura ed avvia una nuova, quanto sanguinosa, ondata repressiva.
A partire dal 1975, gli scontri fra la Guardia nacional e la guerriglia sandinista si intensificano sempre più, tanto che alcune parti del paese si trasformano in vere e proprie zone di guerra.
Sino a questo anno, per varie ragioni, è del tutto impossibile per il gruppo guerrigliero ritrovarsi nuovamente assieme. Ma in una nuova riunione, ancora a La Habana, si delineano tre diverse «linee di tendenza». Tali diversificazioni sono essenzialmente di natura tattica e nascono dal fatto che il periodo compreso fra il 1969 ed il 1975 vede parecchie perdite da parte del gruppo stesso. All'inizio, queste divisioni creano tensioni anche abbastanza forti all'interno del Fsln, ma rimane pur sempre intatta l'originaria matrice comune, ossia i principî del sandinismo.
Le tre linee interne al Fsln sono le seguenti: Gpp (Guerra popolare prolungata) diretta da Tomás Borge, il quale sostiene la necessità di continuare la lotta in attesa di tempi migliori; la frazione cosiddetta Proletaria, la quale ritiene che il rinnovamento debba passare attraverso un lavoro politico in direzione dei lavoratori delle città e degli studenti, più adatti a ricevere una solida formazione ideologica; infine l'Insurrezionale (o Tercerista), i cui componenti raggruppati attorno a Daniel ed Humberto Ortega, ritengono che, per una rapida risoluzione del conflitto, sia necessario unire le forze sandiniste con i gruppi borghesi, i proprietari terrieri e cittadini che già da alcuni anni sono schierati contro la dittatura. Queste divisioni interne rimangono solo a livello dirigenziale, poiché alle masse l'organizzazione guerrigliera si presenta sostanzialmente unita, data la priorità che viene attribuita ad una rapida soluzione vittoriosa della lotta.
Il 4 febbraio del 1976 Tomás Borge viene arrestato e condotto in un carcere di massima sicurezza, dove viene selvaggiamente torturato per nove mesi consecutivi. L'8 novembre successivo, Eduardo Contreras e Carlos Fonseca muoiono in un combattimento nella provincia di Zelaya, sulla Costa Atlantica. È un altro grave colpo per il movimento guerrigliero, il quale però continua la propria lotta.
Nell'ottobre del 1977 un'offensiva del Fsln in varie zone del paese, accelera ulteriormente la crisi del regime: il Fsln attacca diverse città del paese, fra le quali Ocotal, Rivas e San Carlos, con l'intenzione di requisire armi e distribuirle alla popolazione. Questa offensiva viene proposta dalla tendenza Tercerista, «per trascinare massicciamente la popolazione nella lotta»; ed effettivamente dà un grande impulso al movimento di massa, nonostante la feroce repressione della dittatura.
Nel 1975-1976, la dittatura raggiunge la punta massima del proprio potere, ma, contemporaneamente, inizia a decomporsi internamente. Il regime, cioè, incontra sempre maggiori difficoltà a tenersi in sella, sulla base della pura e semplice repressione. A partire dal 1977, queste crepe interne permettono il consolidarsi di un ampio fronte di massa che si fa sentire con scioperi, comizi pubblici, richieste di informazioni sugli scomparsi e così via.
In questo senso, la politica dei diritti umani della nuova amministrazione statunitense, presieduta dal democratico Jimmy Carter, assume una grande importanza: lanciata in funzione antisovietica, si ritorce infatti contro la politica nordamericana stessa, sostenitrice delle varie dittature latinoamericane.
Le opposizioni moderate, che vedono per la prima volta a portata di mano la possibilità di incidere veramente, riescono ad avviare una trattativa per cercare unitariamente una soluzione politica, quando il regime reagisce nel modo peggiore: il 10 gennaio del 1978 fa assassinare Pedro Joaquín Chamorro, il direttore del quotidiano La prensa e leader dell'Udel (Unione democratica di liberazione), il quale, con i suoi articoli, rappresenta la voce della borghesia antisomozista. Questo omicidio politico scatena una vera e propria insurrezione popolare, la quale viene duramente repressa dalla Guardia nacional.
Pedro Joaquín Chamorro è, senza dubbio, una personalità chiave dell'opposizione borghese moderata al regime: con i suoi continui articoli di denuncia su La prensa riesce a conquistarsi, infatti, vaste simpatie negli ambienti borghesi, intellettuali, democratici. La sua amicizia con personalità nordamericane gli dà, inoltre, una prestigiosa copertura «carteriana». Insomma, è, o perlomeno sembra essere, il possibile artefice di una democratizzazione controllata del paese. Il suo assassinio lascia un vuoto incolmabile al centro dello schieramento politico nicaraguense. Ed è per questo che i conservatori, sentendosi scoperti, decidono finalmente di rompere gli indugi ed usare tutta l'opposizione come massa d'urto per andare al governo. Del resto, essi sperano in un sostegno, almeno indiretto, di Jimmy Carter, per liquidare «pacificamente» il regno dei Somoza; inoltre, la politica della Casa Bianca in questo periodo si basa su alcuni punti essenziali: il rifiuto di interventi unilaterali, il rispetto dei diritti umani ed il riconoscimento delle diversità politiche, economiche ed ideologiche. Ma questa strada non è così agevole come sembra: per prima cosa, Somoza non ha alcuna intenzione di cedere. È chiaro che vuole conservare il potere e non accetta alcuna soluzione di ricambio: per questo intreccia sempre più stretti contatti con l'ambasciatore nordamericano e varie personalità della Cia (Central intelligence agency, creata nel 1947 come organismo indipendente e direttamente responsabile di fronte al presidente e non al Congresso), per convincerli che, se lui mancasse, ci sarebbe un vero e proprio diluvio comunista in tutta l'America Centrale. L'eliminazione fisica di tutti gli oppositori moderati è, forse, il maggior errore di Somoza: non lascia altra alternativa che la guerriglia rivoluzionaria del Fsln. Naturalmente, la dinastia dei Somoza ha parecchi amici all'estero; ma, dopo questo assurdo e brutale omicidio politico, diviene sempre più arduo assumere apertamente una posizione in suo favore.
Jimmy Carter
Le luci del palazzo di Somoza sono accese.
È l'ora in cui si riuniscono i Consigli di Guerra
ed i tecnici della tortura scendono nelle prigioni.
l'ora della polizia segreta e delle spie,
quando ladri ed adulteri fanno la ronda alle case
e si nascondono i cadaveri.
Un corpo cade nell'acqua.
È l'ora in cui i moribondi entrano in agonia...

Ernesto Cardenal
2 del mattino. È l'ora dell'Ufficio notturno
La morte di Chamorro provoca non solo la prima manifestazione pubblica di massa del settore privato, ma anche la creazione di un Fronte ampio di opposizione (Fao), il quale comprende anche il Partito socialista del Nicaragua (comunista). Ma, né l'Udel, né l'Inde (Istituto nicaraguense di sviluppo) vengono inclusi in questa alleanza, nonostante i loro sforzi per ottenere il controllo della mobilitazione popolare, coagulata attorno al Fsln in seguito alle azioni del 1977.
Fra il mese di gennaio e quello di febbraio, uno sciopero generale, lanciato da vasti settori industriali, ottiene l'appoggio dell'insieme dell'opposizione e paralizza il paese per più settimane. Si verificano anche frequenti dimostrazioni e scontri fra la popolazione e la Guardia nacional: vengono incendiati alcuni edifici pubblici e nelle strade si odono il rumore dei blindati ed i colpi delle mitragliatrici. Fra operai e studenti vi sono parecchi morti: nel corso del 1978, il dittatore scatena una durissima repressione contro questo tentativo di insurrezione, la quale costa migliaia di morti.
In seguito a questa l'insurrezione popolare nel «cortile di casa», l'amministrazione statunitense inizia a premere per obbligare il dittatore ad un'apertura, quindi tenta di costringerlo a cedere il potere all'opposizione borghese e moderata, pur garantendo la sopravvivenza della Guardia nacional. Più o meno, è lo stesso progetto politico attuato in Cile dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet, il quale resta a capo delle forze armate e gode della più completa immunità.
All'inizio di marzo, Monimbó, la comunità indigena della cittadina di Masaya, si ribella e resiste per una settimana agli assalti della Guardia nacional. Intanto, a Washington, la vedova di Chamorro, Violeta Barrios, dichiara che la repressione in atto in Nicaragua contro i manifestanti viene diretta da ufficiali statunitensi. Il sacerdote Ernesto Cardenal, poi ministro della cultura durante il governo sandinista, a sua volta dichiara che il governo di Washington continua ad inviare armi al dittatore, nonostante la sospensione ufficiale annunciata in precedenza dal presidente Carter.
Nel mese di maggio, le famiglie dei prigionieri politici danno vita ad uno sciopero della fame, per ottenere il miglioramento delle condizioni di detenzione dei loro congiunti. Tutti i licei vengono occupati in appoggio allo sciopero. Varie decine di studenti sono massacrati dalla Guardia nacional.
Nel mese di agosto dello stesso anno viene proclamato un grande sciopero generale, che dura una intera settimana. La città di Matagalpa si solleva su iniziativa degli studenti, i quali protestano contro i massacri; vengono erette barricate in tutta la città: per la prima volta a livello internazionale si parla abbondantemente dei «muchachos» del Nicaragua.
Il 22 agosto del 1978 un commando sandinista composto da sole ventitré persone e guidato da Edén Pastora («comandante Zero») si impadronisce del Palazzo nazionale e cattura ben cinquecento ostaggi, fra i quali quarantanove deputati, ed occupa per quarantacinque ore la sede del parlamento.
Dopo una lunga trattativa, il regime è infine costretto a cedere alle richieste del commando, fra le quali la liberazione di alcuni esponenti di primo piano del Fsln: vengono liberati quantotto prigionieri politici fra i quai Tomás Borge. In questo modo, il «problema Nicaragua» si impone definitivamente all'attenzione mondiale. Intanto, i combattimenti continuano nelle città di León e di Estelí.
Quando i governi di Panamá, Venezuela e Messico prendono posizione per la destituzione di Somoza, gli Stati Uniti si pronunciano a favore di una soluzione centrista (ossia, per un «somozismo senza Somoza») ed il presidente Carter invia una lettera di felicitazioni al dittatore per le sue promesse di liberalizzazione.
Il Fsln ottiene il controllo politico dell'opposizione proprio il 22 agosto del 1978, in seguito all'assalto al Palazzo nazionale, e quando il Fronte ampio di opposizione (Fao) accetta le condizioni poste da Somoza per l'apertura di un dialogo. L'egemonia del Fsln, quindi, matura su un terreno che di fatto non lascia alternative per l'abbattimento della dittatura.
Occorre, a questo punto, soffermarsi sulla situazione della borghesia locale, per comprenderne appieno il ruolo sia economico che politico. L'assetto economico-sociale del paese sotto la dittatura è basato sia sulla borghesia agraria esportatrice che su quella compradora (compratrice): il settore trainante dell'economia è quello che lavora per l'estero (produzione del caffè e, dagli Anni Cinquanta in poi, del cotone). L'armonia fra i Somoza ed il capitale «indipendente» viene, pertanto, particolarmente condizionata dalle oscillazioni sia del prezzo del caffè che da quello del cotone sui mercati internazionali (Borsa merci di New York). Nonostante qualche riaggiustamento della struttura fiscale e creditizia del paese, al fine di modernizzarla in accordo con le necessità della produzione agricola, le pratiche disinvolte della dittatura nel condurre l'economia come un esclusivo affare di famiglia, sono in netto conflitto con l'esigenza di aprire nuove e migliori opportunità di investimento ai capitalisti locali: ad esempio, nel 1959, con la caduta del prezzo internazionale sia del cotone che del caffè, si verifica uno sciopero generale dei lavoratori, organizzato direttamente dagli imprenditori.
Questo stato di continua tensione inizia, però, a diminuire nei primi Anni Sessanta, con la creazione del Mercato comune centroamericano (Mcca) e con un massiccio flusso di investimenti sia privati che pubblici da parte degli Stati Uniti nell'area centroamericana. La forte espansione economica che ne segue, infatti, contribuisce provvisoriamente a riconciliare per qualche anno i Somoza ed i capitalisti «indipenenti», nonostante che i primi approfittino largamente dell'occasione per ampliare ancor di più il loro impero economico. È pro-prio in questo momento che, sotto la guida di Luís, il somozismo tenta di trasformarsi da strumento di clan in forma organica del dominio di classe. Dal canto suo, il fratello Anastasio junior è invece fautore di una linea dura e tesa a mantenere alla famiglia l'esclusiva del potere (sia politico che economico). La morte «improvvisa» di Luís e l'inevitabile «elezione» di Anastasio alla presidenza nel 1967, segnano pertanto l'inizio di un periodo del regime caratterizzato da un maggiore accentramento del potere e dal peso sempre crescente della Guardia nacional. La pratica di governo diviene del tutto dispotica ed esclude quasi completamente l'apparato civile dello Stato, tagliandosi qualsiasi forma di contatto con le masse popolari. A questi elementi si deve aggiungere la nuova caduta del prezzo internazionale sia del caffè che del cotone, il che fa maturare definitivamente la contraddizione sempre latente fra i Somoza e la borghesia locale, la quale non può più tollerare il controllo in esclusiva dell'apparato dell'economia pubblica da parte di un singolo capitalista, in funzione delle sue necessità di accumulazione monopolistica.
La tensione si aggrava maggiormente nel 1972, quando una forte siccità riduce notevolmente i raccolti ed il successivo disastroso terremoto della vigilia di Natale distrugge quasi completamente l'apparato industriale del paese: Somoza, infatti, usa i cospicui aiuti economici internazionali soprattutto per espandere le proprie attività e la rottura con la borghesia, inevitabilmente, si fa completa e definitiva.
In questa situazione, è naturale che gli ultimi anni del somozismo vedano il succedersi di una serie, sempre più fitta e convulsa, di fronti riformisti direttamente promossi dalla borghesia, la quale tenta inutilmente di egemonizzare la lotta contro il regime, cercando di dargli un carattere di massa, in alternativa all'azione militare guerrigliera condotta dal Frente Sandinista. Però, la ragione del sostanziale fallimento di tutti questi tentativi si trova, in primo luogo, nella completa mancanza di autonomia e di omogeneità di intenti della borghesia stessa; in secondo luogo, e sempre di più, sta nel timore di una soluzione troppo radicale, indotto proprio dalla crescente pressione delle offensive del Fsln e dalle continue e sempre più massicce mobilitazioni popolari.
Il 9 settembre, il Fsln lancia un appello all'insurrezione nazionale: otto fra le più importanti città sono teatro di combattimenti sanguinosi ed impari. L'aviazione bombarda la popolazione civile. Estelí, cittadina del nord, resiste per più di dieci giorni. L'offensiva dell'opposizione viene temporaneamente respinta, ma si scatena un'acuta crisi economica i cui aspetti più appariscenti sono la fuga di capitali (cento milioni di dollari fra agosto e novembre) ed il peggioramento della bilancia dei pagamenti. Lo stato di emergenza diviene permanente.
In questo stesso mese, mentre la maggior parte della popolazione segue le indicazioni del Fsln, l'opposizione borghese opta per una soluzione negoziata solo in seguito, fallito ogni tentativo in questo senso, si unisce ai rivoluzionari. Dopo questa offensiva, una terribile repressione si abbatte sugli insorti e sulla popolazione civile: interi villaggi vengono passati per le armi e la città di Estelí viene letteralmente rasa al suolo. Questa repressione fa oltre seimila vittime.
Dopo la riconquista delle città insorte, le «operazioni di pulizia» della Guardia nacional si trasformano in vere e proprie esecuzioni di massa di giovani. Il regime di Anastasio Somoza, oramai isolato a livello internazionale, viene progressivamente messo sotto accusa dai paesi latinoamericani.
Mentre l'Istituto nicaraguense di sviluppo (Inde), settore antisomozista della classe dominante sostenuto dalla gerarchia cattolica, prospetta la necessità di avviare un dialogo con la dittatura, dodici personalità del settore privato, della classe media e del settore progressista della Chiesa, lanciano un appello a favore di una soluzione nazionale, comprensiva di tutte le formazioni politiche, fra le quali anche il Fsln. Alla fine del 1977 viene, infatti, costituito il cosiddetto «Gruppo dei dodici», composto dai rappresentanti di taluni settori della piccola borghesia antisomozista. Come si vede, fra i gruppi che si oppongono al tiranno, esiste un'unità di intenti in relazione alla necessità di farlo cadere, ma il ventaglio delle posizioni sul progetto di una nuova società è estremamente ampio e vario. Questa è una delle cause principali per cui, dopo il trionfo rivoluzionario, iniziano i dissapori e gli scontri fra i vari settori sociali e politici, nonostante gli sforzi dei sandinisti per mantenere intatta l'unità delle forze antisomoziste.
Durante i lunghi anni della dittatura, la gerarchia cattolica non assume una posizione politica chiara ed esplicita, se non nell'ultimo periodo, quando oramai le sorti del somozismo sono evidentemente segnate: è solamente alla fine del 1978 che Miguel Obando y Bravo lancia un appello a Carter per chiedergli di «sospendere ogni aiuto al regime di Somoza». Ma il suo vero obiettivo, come pure quello della Casa Bianca, è la creazione di un «somozismo senza Somoza».
In dicembre, una commissione di mediazione, organizzata dall'Osa (Organizzazione degli stati americani), ma diretta dagli Stati Uniti, fallisce il proprio tentativo di fronte all'intransigenza del dittatore, il quale rimane saldamente aggrappato al potere.
In una riunione che si svolge nello stesso mese di dicembre, i dirigenti del Fsln elaborano una strategia di lotta comune, la quale contribuisce senza dubbio a riavvicinare le tre tendenze. Dopo la liberazione dal carcere, in seguito all'assalto al Palazzo nazionale, lo stesso Borge opera attivamente per riunificare queste tre frazioni. Tale riavvicinamento si consolida il 9 marzo del 1979, con la creazione di una Direzione nazionale formata da nove membri, tre per ogni tendenza, e viene proclamata l'insurrezione nazionale. Frattanto, avvengono vari tentativi di mediazione da parte dei governi degli altri paesi centroamericani, ma Somoza respinge qualsiasi proposta di abbandonare il potere.

Anastasio Somoza Debayle
Nel gennaio del 1979 si deteriora anche la situazione fra Nicaragua e Costa Rica, tant'è che quest'ultimo rompe le relazioni diplomatiche con Managua. Il mese successivo, di fronte ad una repressione crescente e forte della constatazione che l'opposizione interna alla dittatura sembra irreversibile, Washington sospende l'aiuto militare a Somoza.
Scontri successivi e vittoriosi sono quelli dell'11 aprile, in cui il Fsln occupa militarmente Estelí, ed il 29 maggio lancia l'offensiva finale, contrassegnata da un massiccio appoggio popolare, unitamente ad uno sciopero generale. Le colonne del Fsln passano dalla guerra di accerchiamento a quella «di mo-vimento»: combattimenti e scontri si moltiplicano in tutto il paese. Viene creato un Fronte patriottico nazionale che raggruppa le maggiori formazioni di opposizione a Somoza. Nello stesso mese, anche il Messico interrompe le relazioni diplomatiche co il Nicaragua. Il 1° giugno, i sandinisti riprendono l'offensiva in tutto il paese ed i somozisti non riescono più a controllare la situazione: vengono conquistate Rivas, Masaya e Matagalpa. Negli ultimi mesi della lotta insurrezionale, la dittatura non esita a bombardare a tappeto le grandi città, come Managua, Estelí e Matagalpa.
Quando Somoza inizia a bombardare indiscriminatamente i propri connazionali nel tentativo di conservare a tutti i costi il proprio dominio assoluto, diviene sempre più difficile (anche per i suoi amici all'estero) mantenere una posizione non solo a suo favore, ma addirittura contraria al Fsln.
Il 30 maggio, nuovi combattimenti scoppiano sia nel sud che nel centro del paese. Il 4 giugno, il Fsln lancia un appello allo sciopero generale. Il dittatore minaccia di intervenire contro il Costa Rica, accusato di offrire rifugio alla guerriglia.
In giugno si combatte a Rivas ed a León, mentre il Fsln denuncia il pericolo di un intervento straniero volto a salvare la dittatura; il 6 viene liberata Chinandega. Nel frattempo, continuano i progressi militari dei sandinisti i quali, a metà giugno, controllano León, la seconda città del paese, ed una parte di Managua. Il dittatore decreta la legge marziale, mentre l'aviazione continua a bombardare le città più imprtanti del paese (solo a Managua i morti sono duecento). Il 7 giugno, Somoza decreta lo stato d'assedio; i combattimenti si allargano a tutto il territorio nazionale, mentre prosegue lo sciopero generale. La guerriglia occupa e controlla una parte di territorio alla frontiera con il Costa Rica. Fra il 9 ed il 10 giugno, la pressione sandinista comincia a farsi sentire anche sulla capitale. Il giorno 11 i guerriglieri sandinisti entrano a Masaya, liberata dagli abitanti stessi, mentre le colonne del Fronte sud «Benjamín Zeledón», comandato da Edén Pastora, avanzano nel dipartimento di Rivas.
Anche la borghesia nazionale, di fronte all'impossibilità di un'alternativa alla dittatura ed oramai conscia che non può assumere il controllo e la direzione del movimento popolare, il 16 giugno stringe un'alleanza con il Fsln all'interno di un governo provvisorio che si costituisce in Costa Rica e che rappresenta il 95% della popolazione, compresa la gerarchia cattolica. La Giunta di governo di ricostruzione nazionale viene immediatamente riconosciuta da Costa Rica, Perú e Panamá. Di questo governo fanno parte: Daniel Ortega, Sergio Ramírez, Moisés Hassán, Violeta Barrios ed Alfonso Robelo.
Alfonso Robelo, ingegnere di trentotto anni, proprietario d'azienda, dirigente dell'associazione degli imprenditori, appartiene al Fronte ampio di opposizione (Fao). È socio di maggioranza della Grasas y aceites s.a. (Gracsa) ed è il fondatore del Movimiento democrático nicaragüense (Mdn), che opera nel paese durante la lotta antisomozista. È definibile come un liberale di tipo europeo.

Daniel Ortega Saavedra, trentaquattro anni, è l'unico rappresentante del Fronte sandinista di liberazione nazionale all'interno della Giunta. Trascorre sette anni nelle carceri somoziste prima di essere liberato in uno scambio di prigionieri nel 1974. Fa parte della direzione del Fsln. Gli Ortega sono tre fratelli, ma uno muore a Masaya combattendo contro Somoza: Camilo. 
Sergio Ramírez Mercado, trentasette anni, è uno scrittore. Fa parte del Gruppo dei dodici, il gruppo di intellettuali di tendenze democratiche e moderate che pure assume la rappresentanza del Fronte sandinista di liberazione nazionale a partire dall'estate del 1978, quando, in segno di sfida al regime somozista, decidono di rientrare tutti in Nicaragua dal Costa Rica, dove in precedenza fuggono o vengono esiliati. È di tendenze nazionaliste, definibile, in qualche modo, un socialdemocratico. 
Moisés Hassan Morales, trentasei anni, è decano della facoltà di scienze umane dell'Università di Managua. Dirigente del Movimiento pueblo unido (Mpu), che svolge un ruolo importante nell'opposizione di sinistra ed è uno dei fondatori del Fronte patriottico nazionale. È di tendenza socialista. Un suo fratello, dirigente sandinista, muore in combattimento. 
Violeta Barrios è la vedova del direttore del giornale La Prensa, Pedro Joaquín Chamorro, l'assassinio del quale, ad opera di killers somozisti agli ordini di Enrique Bermúdez, segna l'inizio dell'insurrezione. Non fa mai politica attiva negli anni precedenti e non è iscritta ad alcun partito. Suo marito è uno dei pochi oppositori storici e moderati ad Anastasio Somoza, quindi sua potenziale alternativa borghese. Violeta appartiene ad una famiglia di proprietari terrieri conservatori.
Una barzelletta che circola durante l'insurrezione finale, fa notare che il dittatore ha solamente l'appoggio di 15.003 nicaraguensi: questa cifra non è molto lontana dalla verità (quindicimila sono i membri della Guardia nacional, ai quali vanno aggiunti la moglie, l'amante ed il figlio).
I morti, intanto, sono oramai ventimila, ma gli Stati Uniti cercano ancora una via d'uscita che possa tutelare i loro interessi nell'area. Il 2 luglio viene liberata Matagalpa, il 7 Masatepe, il 9 Tipitapa (a soli ventidue chilometri da Managua). Il 15 la popolazione della capitale innalza numerose ed inespugnabili barricate per appoggiare l'offensiva finale lanciata dal Frente Sandinista. Proprio alla vigilia del trionfo rivoluzionario, il vescovo di Managua, Miguel Obando y Bravo, si reca a Caracas in qualità di membro di una commissione incaricata di negoziare il conflitto in cerca di una soluzione centrista, promossa dalla Democrazia cristiana ed avversa al Fsln. L'Osa (Organizzazione degli stati americani), respinge, per la prima volta nella sua storia di completa sottomissione, l'invito statunitense ad intervenire militarmente a fianco di Tachito Somoza, il quale nonostante sia circonato da decine di consilieri militari nordamericani ed israeliani, non riesce a tener testa alla popolazione insorta e fugge dal paese il 17 luglio con le casse dello Stato. In accordo con la Casa Bianca, alla presidenza si insedia il somozista Francisco Urcuyo, il quale ha il compito di negoziare con la Giunta provvisoria di ricostruzione, ma immediatamente dichiara che ha intenzione di restare al potere sino al 1981. Il 19 luglio crolla definitivamente il regime ed anche Urcuyo fugge a gambe levate, dopo che anche l'insurrezione di Managua non può più essere controllata né tanto meno repressa dalla Guardia nacional, oramai completamente allo sbando. La Direzione nazionale del Frente Sandinista e la Giunta di governo di ricostruzione nazionale entrano trionfalmente a Managua.
In ricordo di questi avvenimenti, il Nicaragua festeggia il 17 luglio come «día de la alegría» (giorno dell'allegria) ed il 19 luglio come quello della liberazione.
Il 20 luglio la Giunta di ricostruzione nazionale assume formalmente il potere, durante un'enorme manifestazione nella Piazza della Repubblica a Managua, prontamente ribattezzata Piazza della Rivoluzione e nella quale pochi mesi dopo viene eretta la tomba-monumento a Carlos Fonseca, fondatore del Fsln.
L'ultimo della stirpe, ancora una volta di nome Anastasio, di ventisette anni, diplomato a Harvard, e comandante della Guardia nacional, non riesce a salire sul trono di quello che sino al 19 luglio del 1979 è uno dei migliori protettorati degli Stati Uniti d'America.
Alla fine di luglio, Carter invia il suo primo messaggio al nuovo governo nicaraguense ed alla Direzione nazionale del Fsln: «Voi siete nostri avversari, poiché avete rovesciato un governo amico degli Stati Uniti. Prendo atto, comunque, della vostra vittoria. Se entro tre mesi verranno indette elezioni generali e libere e verrà costituito un parlamento, in breve, se trasformerete il vostro governo rivoluzionario in un governo costituzionale, gli Stati Uniti riallacceranno con voi rapporti franchi e normali».
Però, il popolo nicaraguense ha già votato: il 19 luglio, Managua viene definitivamente occupata dalle forze sandiniste, ma tutte le città del paese, ad eccezione di Granada, sono un cumulo di macerie. La guerra civile costa al paese sessantamila morti, centoventimila feriti e seimila invalidi.
Secondo l'ideologia liberale, la democrazia viene esclusivamente identificata con i processi elettorali e non ha alcuna importanza se alle urne si reca solamente il 50% degli aventi diritto, come avviene negli Stati Uniti. Nel caso del Nicaragua, dove il Fsln tenta, invece, di basarla su forti contenuti sociali, potenti fattori interni ed internazionali vengono prontamente attivati per delegittimare il tentativo e frapporre ostacoli insormontabili al conseguimento di una vera giustizia sociale.
Del resto, decisamente preoccupato da un possibile rischio di contagio, lo stesso Carter nell'ottobre del 1979 crea in Florida la Joint task force for the Carribean and Central America, la quale conta su un organico di quasi ventimila uomini.
Dal canto loro, i vescovi nicaraguensi, nel mese di novembre pubblicano una lettera pastorale di grande valore teologico e di chiaro appoggio al processo rivoluzionario. Ma, molto presto, il rapporto di «buon vicinato» fra gerarchia e sandinisti è destinato ad incrinarsi irrimediabilmente.

 

 
 

Per approfondire questi argomenti, si consiglia la lettura di:

Jesús Cebeiro-Gabriele Invernizzi-Francis Pisani, Sandinisti. Il Nicaragua oggi, Feltrinelli 1985
Tomás Borge, La paziente impazienza, Synergon 1994
Marco Calamai, Il fantasma di un'altra Cuba, De Donato 1980
Daniele Pompejano, Nicaragua: storia di un'economia dipendente e di una transizione, Franco Angeli 1986
Torna a inizio pagina

Indice: