Honduras-Rivendicare diritti non può essere reato

Rivendicare diritti non può essere reato
Procura apre indagine penale contro leader garifuna e avvocato Ofraneh

Managua, 22 agosto (di Giorgio Trucchi | Rel UITA/LINyM) 

Che non sarebbe stato facile smantellare il sistema corrotto e impunito creato dalla narco-dittatura e da chi ancora detiene il potere reale in Honduras, si sapeva. Ne è un esempio in questi giorni l’indagine penale avviata dalla Procura contro dirigenti garifuna e l’avvocato della storica Organizzazione fraterna nera honduregna, Ofraneh.

Il 9 agosto, in occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo, una delegazione delle diverse etnie indigene honduregne, tra cui quella garifuna, accompagnata da organizzazioni sociali e popolari, ha raggiunto la sede centrale della Procura a Tegucigalpa.

Da oltre un anno, Ofraneh cerca senza risultato di riunirsi con il procuratore generale, per sottoporgli tutta una serie di richieste che sono state sistematicamente disattese.

Durante l’attività che si è svolta proprio di fronte alla Procura, Ofraneh ha condannato la mancanza di progressi nelle indagini sulla sparizione forzata di quattro giovani dirigenti garifuna [1].

Ha inoltre denunciato le aggressioni sistematiche subite dai membri di varie comunità, nonché l’usurpazione e il saccheggio dei territori ancestrali ad opera di compagnie nazionali e multinazionali e come conseguenza dell’imposizione di progetti estrattivi, turistici, di produzione di energia elettrica, e per l’espansione senza controllo delle monocolture estensive.

Per l’ennesima volta ha infine sollecitato il rispetto della sentenza della Corte interamericana dei diritti umani, che nel 2015 ha ordinato allo Stato dell’Honduras la restituzione dei territori usurpati alle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.

Anni di discriminazione e razzismo istituzionale

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Xiomara Castro “Rifondare l’Honduras è una missione essenziale e irrinunciabile”


Xiomara Castro “Rifondare l’Honduras è una missione essenziale e irrinunciabile”
Presentato piano d’azione immediato che contempla un forte impegno in difesa dei diritti delle donne
Managua, 31 gennaio (di Giorgio Trucchi | LINyM) -.

In un ambiente di entusiasmo e festa popolare, senza dimenticare l’esigenza di giustizia per le tante vittime del colpo di stato e della repressione, tra le urla della folla “sí, se pudo”, “ni olvido, ni perdón”, “sangre de mártires, semilla de libertad”[1], Xiomara Castro ha assunto la presidenza dell’Honduras per i prossimi quattro anni, ponendo fine a duecento anni di bipartitismo e di presidenti uomini.

Catene e tradizioni sono state spezzate ed è stato possibile solo grazie al voto di massa – più di 1,7 milioni e oltre il 51% delle preferenze – e alla volontà della maggioranza di honduregni e honduregne, come ha ricordato la presidentessa all’inizio del suo discorso.

Castro ha prestato giuramento dinanzi alla giudice Karla Rivera e alla presenza del presidente del Congresso, Luis Redondo, che le ha poi fatto indossare la fascia presidenziale turchese e bianca. Poco dopo hanno prestato giuramento anche i tre vicepresidenti Doris Gutiérrez, Salvador Nasralla e Renato Pineda.

Alla cerimonia hanno partecipato circa 60 delegazioni, tra cui i vicepresidenti di Argentina e Stati Uniti, Cristina Fernández e Kamala Harris, il re Felipe VI di Spagna, gli ex presidenti di Brasile e Paraguay, Dilma Roussef e Fernando Lugo, presidenti, ministri degli esteri, alti funzionari e diplomatici di Bolivia, Costa Rica, Cuba, El Salvador, Messico, Nicaragua, Panama, Unione Europea, Venezuela.

Dopo il giuramento, la presidentessa Xiomara Castro è intervenuta (qui il video integrale del discorso) evidenziando le gravi difficoltà che dovrà affrontare a seguito del saccheggio perpetrato dai governi che si succeduti dopo il colpo di stato del 2009.

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Honduras Bertha Zúniga “Le trasformazioni devono venire dai popoli”

Bertha Zúniga “Le trasformazioni devono venire dai popoli”
Copinh chiede al nuovo governo di creare le basi per il cambiamento e si manterrà vigile
Managua, 27 gennaio (LINyM) -.
Oggi la presidentessa eletta Xiomara Castro, il capo di stato più votato nella storia recente dell’Honduras, assumerà l’esercizio delle proprie funzioni. Presterà giuramento di fronte a migliaia di persone e invitati speciali, tra cui le vicepresidentesse di Argentina e Stati Uniti Cristina Fernández e Kamala Harris, che riempiranno lo stadio nazionale, ridipinto coi colori bianco e celeste della bandiera nazionale e con le immagini degli eroi e martiri della resistenza contro le dittature e i colpi di Stato che hanno caratterizzato la storia degli ultimi decenni del paese centroamericano.

Le celebrazioni avvengono nel bel mezzo di una crisi istituzionale generata dalla decisione di 18 deputati del Partito libertà e rifondazione, Libre, che affonda le sue radici nella resistenza popolare contro il colpo di stato del 2009, di votare insieme ai partiti tradizionali per eleggere una giunta direttiva del Congresso diversa da quella concordata con gli alleati.

Nonostante l’incontro avvenuto durante la serata di ieri (26 gennaio) tra la presidentessa Xiomara Castro e il deputato transfuga Jorge Calix, eletto presidente della nuova giunta coi voti della destra honduregna e principale ispiratore del golpe parlamentare, quella che doveva essere una grande festa popolare per l’inizio del nuovo governo e la vittoria elettorale su chi ha devastato le istituzioni e fatto precipitare nella povertà più del 70% della popolazione, rischia di essere rovinata da una crisi parlamentare dai contorni ancora molto incerti.

Nei giorni scorsi, Xiomara Castro ha ricevuto il sostegno di migliaia di persone che si sono riunite di fronte al Congresso e ha garantito che il progetto di rifondazione del paese continuerà il suo corso. Continuano anche i lavori della commissione di transizione per i movimenti sociali (leggi qui un articolo in spagnolo sul lavoro svolto dalla commissione), per completare la sistematizzazione delle proposte presentate dai diversi settori della società honduregna, per poi tradurle in politiche pubbliche.

È in questo contesto che abbiamo conversato con Bertha Zúniga Cáceres, coordinatrice del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh).

“Come Copinh abbiamo partecipato a vari tavoli e abbiamo presentato otto punti (leggi qui in spagnolo la proposta completa) per il rispetto dei diritti e dei territori delle popolazioni indigene. Naturalmente, ogni punto è composto da diverse proposte”, ha spiegato Zúniga.

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Elezioni Honduras

Elezioni Honduras
Xiomara Castro si dichiara vincitrice
Ampio vantaggio sul candidato del partito di governo
Managua, 29 novembre (LINyM) -.
Con quasi il 50% dei voti scrutinati, Xiomara Castro, candidata dell’alleanza di opposizione guidata dal Partito Libertà e Rifondazione (Libre), mantiene un vantaggio di quasi 20 punti (53,57%), oramai irreversibile, sul candidato di governo Nasry ‘Tito’ Asfura (33,86%).
Dodici anni dopo il sanguinoso colpo di stato che portò alla rottura dell’istituzionalità, esasperò il modello neoliberista estrattivista e fece precipitare milioni di persone nella miseria, il popolo honduregno ha votato per salvare la democrazia e punire gli oppressori.

Lo aveva già fatto nel 2017 e solo i brogli elettorali e una violenta repressione che causò la morte di 37 vittime innocenti lo privarono della vittoria.

Leggi qui il reportage sulle elezioni in Honduras 2021

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Elezioni in Honduras

Elezioni in Honduras
La sfida di porre fine a dodici anni di neoliberismo
L’Honduras al crocevia più importante della sua storia recente
Managua, 25 novembre (di Giorgio Trucchi | LINyM)
Il 28 novembre oltre 5 milioni di honduregni saranno chiamati a eleggere il Presidente della Repubblica, 128 deputati al Congresso nazionale, 20 al Parlamento centroamericano, 298 sindaci e oltre 2000 consiglieri comunali. Man mano che si avvicina la data elettorale, si polarizza l’ambiente politico, si acutizza il conflitto e cresce la tensione sociale.

Nessuno dimentica la violenta repressione del 2017 contro coloro che protestavano per i grossolani brogli elettorali che prolungarono l’agonia dell’attuale regime. In quell’occasione, oltre trenta persone persero la vita in modo violento e questi crimini restarono nella totale impunità.

Gli accadimenti degli ultimi giorni risvegliano nuovamente i fantasmi della violenza e della repressione.

L’11 novembre il candidato a consigliere comunale per il Partito Liberale, Óscar Moya, fu freddato con vari colpi d’arma da fuoco a Santiago di Puringla (La Paz). Due giorni dopo fu assassinato il sindaco di Cantarranas (Francisco Morazán) e aspirante alla rielezione sempre per il Partito Liberale, Francisco Gaitán.

Il giorno dopo sono stati uccisi il dirigente del partito d’opposizione Libertà e Rifondazione (Libre) Elvir Casaña e un attivista del Partito Liberale, Luis Gustavo Castellanos, rispettivamente a San Luis (Santa Barbara) e a San Jerónimo (Copán). Nell’attacco mortale contro Castellanos sono rimasti feriti altri due attivisti.

Il 15 novembre, un altro attentato ha tolto la vita a Darío Juárez, aspirante a vicesindaco per il Partito Liberale nel municipio di Concordia (Olancho). Due giorni dopo, Héctor Estrada, candidato indipendente per il comune di Campamento (Olancho) e Juan Carlos Carbajal, candidato a sindaco di El Progreso per il Partito Salvador dell’Honduras (PSH) hanno subito un grave attentato che è quasi costato loro la vita.

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Honduras e diritti umani, un cinismo strutturale

Honduras e diritti umani, un cinismo strutturale
Stigmatizzazione, criminalizzazione, persecuzioni giudiziarie e assassinio di attivisti fanno dell’Honduras uno dei paesi più letali per chi difende terra e beni comuni  
Managua, 20 ottobre. (Giorgio Trucchi | LINyM) -.

Lo scorso 5 luglio, la prima sezione penale del tribunale di Tegucigalpa, con competenza territoriale nazionale, ha emesso una sentenza di condanna a carico di Roberto David Castillo[1], ex presidente di Desarrollos Energéticos SA (DESA)[2], ritenuto coautore dell’assassinio della dirigente indigena e attivista sociale, Berta Cáceres. 

All’epoca i giudici fissarono la data del 3 agosto per determinare la pena. Tre mesi dopo, il tribunale non ha ancora emesso la sentenza, generando un’incertezza giuridica che preoccupa profondamente tanto le vittime quanto il pool di avvocati che le rappresenta. 

Durante un atto dimostrativo di fronte alla Corte suprema di giustizia nella capitale honduregna, il Consiglio civico di organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh) ha allertato circa il mancato adempimento della prima sezione penale, che ha lasciato scadere i tempi processuali stabiliti per emettere il verdetto. 

Ha lamentato inoltre il fatto che la Corte d’appello non si sia ancora pronunciata sui ricorsi pendenti, per rendere definitiva la sentenza emessa nel 2019 contro sette autori materiali dell’assassinio di Berta Cáceres – tra cui ex dirigenti e membri della sicurezza di DESA, ex militari e militari in servizio – e che la procura non abbia ancora portato sul banco degli imputati gli autori intellettuali del crimine. 

In un comunicato, il Copinh ha assicurato che andrà avanti e che disputerà “ogni millimetro di giustizia alle istituzioni honduregne fantoccio”, esigendo nel contempo una “sentenza veloce e contundente”.

L’appello del Copinh e dei famigliari della dirigente indigena assassinata ha trovato il sostegno della Missione di osservazione qualificata della Causa Berta Cáceres, i cui membri deplorano la mancata iniziativa delle istituzioni che devono garantire giustizia, perseguendo e processando gli attori chiave della struttura criminale che perpetrò il crimine. 

A tal proposito, la sentenza contro Castillo servirà proprio ad aprire a nuovi scenari d’indagine per ottenere giustizia integrale per Berta Cáceres. 

“La sentenza deve dare il via a un’indagine scrupolosa su tutte le persone implicate nel crimine. L’incertezza giuridica che si sta creando compromette sia l’essenza stessa del processo che la garanzia di verità, riparazione e non ripetizione per le vittime, lasciandole in una situazione di vulnerabilità e senza accesso a una giustizia piena”, segnalano gli osservatori. 

Libertà per Guapinol 

Ancor più complessa è  la situazione degli otto difensori dell’acqua e della vita di Guapinol, che da oltre due anni permangono in custodia cautelare in carcere per i reati di incendio doloso aggravato e sequestro di persona.  Continua a leggere

Honduras-Nuovo attacco alla comunità LGBTI

Nuovo attacco alla comunità LGBTI
Donna trans e attivista per i diritti umani assassinata in Honduras, la quarta dall’inizio dell’anno
Managua, 5 ottobre (Giorgio Trucchi Rel UITA | LINyM) -.
La comunità Lgbti in Honduras è ancora una volta in lutto dopo l’omicidio di Tatiana Martínez García, donna trans di 32 anni e attivista nella promozione e protezione dei diritti umani, impegnata nell’accompagnamento a persone Lgbti che devono denunciare crimini di cui sono state vittime.

Secondo le prime informazioni raccolte dalla stampa locale, il corpo della giovane donna è stato ritrovato con ferite di arma bianca nella città di Santa Rosa de Copán, nella parte occidentale dell’Honduras.

L’Ufficio in Honduras dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha condannato l’omicidio e ha fatto sapere, attraverso un comunicato, che Tatiana Martínez García era già stata vittima nel passato di minacce e attacchi vari.

Secondo l’Osservatorio delle morti violente della Rete Lesbica Cattrachas si tratta della quarta donna trans assassinata quest’anno in Honduras, di un totale di 17 persone Lgbti morte in modo violento nel 2021. In poco più di 12 anni, in questo paese centroamericano sono state uccise 390 persone che appartengono alla comunità Lgbti. Il tasso di impunità è del 91% e solo il 9% dei casi si è concluso con una condanna.

Il recente rapporto di Sin Violencia indica che tra il 2014 e il 2020 almeno 1.949 persone Lgbti sono state uccise in America Latina. L’Honduras è tra i paesi più letali della regione per questa comunità.

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Honduras -Edwin Espinal e Raúl Álvarez sono già liberi


Edwin e Raúl sono già liberi
Assolti da tutte le imputazioni
Managua, 22 settembre (Rel UITA | LINyM) .

La Seconda Sezione Penale del Tribunale di Tegucigalpa ha assolto i detenuti politici Edwin Espinal e Raúl Álvarez e ne ha ordinato la liberazione.
I due attivisti erano stati accusati senza la benché minima prova dei reati di incendio doloso aggravato, detenzione e utilizzo di materiale esplosivo artigianale.

Dopo il loro arresto durante le proteste scoppiate in Honduras in risposta ai gravi brogli elettorali del 2017, Edwin Espinal e Raúl Álvarez furono ingiustamente e illegalmente rinchiusi nel carcere militare di massima sicurezza ‘La Tolva’, dove sono rimasti per 19 mesi.

In più di una occasione, il pool di avvocati incaricato della loro difesa ne ha chiesto il trasferimento in un altro penitenziario, poiché non sussistevano elementi che giustificassero la loro reclusione in un carcere che ospita esclusivamente detenuti di altissima pericolosità.

Gli avvocati difensori hanno anche chiesto che  gli venissero concesse misure alternative al carcere. Nonostante ciò, tutte le richieste sono state sistematicamente respinte.

In quello stesso periodo, in un ambiente di costante repressione dei diritti fondamentali, fu arrestato e rinchiuso nella stessa cella di Edwin e Raúl, il giovane maestro ed ex prigioniero politico Rommel Herrera Portillo, vittima nel maggio 2019 di un ‘falso positivo’ per l’incendio di alcuni pneumatici all’ingresso dell’ambasciata degli Stati Uniti a Tegucigalpa.

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Honduras:Oliva”Abbiamo iniziato a perdere la paura”

Convergenza contro il Continuismo mobilitata a livello nazionale

Managua, 6 settembre (di Giorgio Trucchi | Rel UITA)
Migliaia di persone hanno risposto alle manifestazioni convocate nei giorni scorsi dalla Convergenza contro il Continuismo in vari punti dell’Honduras. Tre le principali rivendicazioni: frenare l’avanzata delle Zone di impiego e sviluppo economico (Zede), difendere la sovranità nazionale ed esigere il rispetto dei diritti umani. Di questa giornata di resistenza abbiamo parlato con Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh).

“È stato un successo. La risposta della popolazione è stata molto buona. Abbiamo iniziato a perdere la paura. Quella stessa paura che ci hanno messo addosso con la pandemia, con la repressione della protesta, con la criminalizzazione di chi difende i diritti e che ci ha paralizzato per più di un anno.

La gente è scesa in strada e ha partecipato. C’erano tanti settori, tanti colori, tanta voglia di riprendersi le piazze, di dimostrare che in Honduras siamo ancora vivi e continuiamo a lottare”, ha detto Oliva.

Le attività si sono svolte nell’ambito della Giornata internazionale delle vittime di sparizioni forzate e della Giornata nazionale dei detenuti scomparsi e sono state promosse dalla Convergenza contro il continuismo, in collaborazione con Cofadeh, Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti politici in Honduras, Coalizione contro l’impunità e Rel UITA.

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Honduras.Un altro passo verso la giustizia per Berta

Un’altro passo verso la giustizia per Berta
Dichiarato colpevole David Castillo coautore dell’omicidio
Managua, 5 luglio (di Giorgio Trucchi | Rel UITA / LINyM) -.

Dopo quasi tre mesi di processo, la prima sezione penale del tribunale di Tegucigalpa ha emesso una sentenza di condanna a carico di Roberto David Castillo, ex presidente di Desarrollos Energéticos SA (DESA)[1], che è stato ritenuto coautore dell’omicidio della dirigente indigena Berta Cáceres. La pena verrà comunicata durante l’udienza del prossimo 3 agosto.

La notizia ha scatenato l’entusiasmo tra le persone riunite fuori dalla Corte suprema di giustizia, dove dall’inizio del processo si è installato l’accampamento femminista “Berta Vive”.

La sentenza contro Castillo rappresenta un nuovo importante passo sulla via della giustizia integrale per Berta. Giunge dopo la condanna nel 2019 degli autori materiali del crimine a pene comprese tra i 30 e i 50 anni di carcere, tra i quali spiccavano ex dirigenti e membri della sicurezza di DESA, ex militari e militari in servizio .

“Questa sentenza ha un significato molto importante. Questa volta le strutture di potere non sono riuscite a corrompere il sistema giudiziario e la struttura criminale, capeggiata dalla famiglia Atala Zablah e di cui il condannato David Castillo Mejía è strumento, non ha raggiunto i suoi obiettivi”, si legge in un comunicato letto da Bertha Zúniga, figlia della dirigente uccisa e attuale coordinatrice del Copinh[2].

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