Honduras-Difensore dell’ambiente assassinato nel Bajo Aguán

Difensore dell’ambiente assassinato nel Bajo Aguán
Organizzazioni territoriali esigono indagini serie, indipendenti e castigo per mandanti e autori materiali dell’omicidio

Tegucigalpa, 18 settembre 2024
(di Giorgio Trucchi | Rel UITA/LINyM) 

Ancora una volta, la terra del Bajo Aguán si macchia del sangue di coloro che la proteggono e la difendono. La notte del 14 settembre, Juan López, difensore dell’ambiente e attivista contro l’espansione dell’attività mineraria nella regione, è stato intercettato da sconosciuti in moto che lo hanno ucciso con diversi colpi di arma da fuoco.

López, regidor [1] del comune di Tocoa e membro del Comitato municipale per la difesa dei beni comuni e pubblici di questa località, si è battuto con forza contro le politiche e i progetti estrattivisti, in particolare contro il mega-progetto minerario di Inversiones Los Pinares (Grupo EMCO) / Inversiones Ecotek.
Almeno 32 persone sono state perseguite giudizialmente nel corso degli anni per aver difeso il territorio e i corsi d’acqua che attraversano il Parco Nazionale “Montaña de Botaderos”, la cui zona nucleo è minacciata dall’attività mineraria di Los Pinares.

In quest’area ci sono circa 34 fonti idriche che riforniscono città e comunità. I fiumi Guapinol e San Pedro, in particolare, stanno subendo impatti devastanti.

Le holding che gestiscono Inversiones Los Pinares sono controllate da Lenir Pérez Solís e Ana Facussé Madrid, figlia del latifondista Miguel Facussé Barjum, produttore di palma africana da poco deceduto, che nel passato è stato coinvolto in un grave conflitto agrario che è costata la vita a decine di contadini organizzati.
Repressione e minacce
Negli ultimi anni, Juan López è stato ripetutamente minacciato, tanto che la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) ha deciso di concedergli misure cautelari, sistematicamente disattese dalle autorità honduregne.

Paradossalmente, è stato il difensore della terra e dei beni comuni a subire una sfacciata aggressione giudiziaria per i presunti reati di usurpazione, danneggiamento e incendio doloso aggravato, finendo in carcere per diversi mesi.

La lotta contro il mega-progetto minerario Los Pinares/Ecotek lo ha portato a scontrarsi con l’attuale sindaco di Tocoa, Adán Funez. In diverse occasioni, López e il Comitato municipale per la difesa dei beni comuni e pubblici di Tocoa ne hanno chiesto le dimissioni a causa del suo sostegno incondizionato all’azienda mineraria.

Lo hanno anche accusato di aver palesemente manipolato le assemblee organizzate per permettere alla popolazione di opporsi e frenare il mega-progetto, nonché di avere presunti legami con la criminalità organizzata.
Giustizia per Juan


La condanna dell’omicidio da parte di organizzazioni nazionali e internazionali è stata immediata, massiccia e unanime. La presidente Xiomara Castro ha ripudiato il crimine e ha ordinato di “utilizzare tutte le capacità delle forze dell’ordine per fare luce su questa tragedia e identificare i responsabili”.

Da parte sua, l’Ufficio dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i diritti umani in Honduras ha condannato l’omicidio di Juan López e ha invitato lo Stato honduregno a “condurre un’indagine veloce e imparziale per identificare e punire i responsabili”.

Il crimine giunge pochi giorni dopo la presentazione dell’ultimo rapporto di Global Witness sugli omicidi di difensori della terra e dei beni comuni nel mondo, che ha confermato che l’Honduras resta la nazione più letale in termini di omicidi pro capite.
L’anno scorso, 18 difensori sono stati assassinati nella più totale impunità.
Il Bajo Aguán continua a sanguinare, una ferita che non si riesce a rimarginare. Continua a leggere

Nicaragua, modifiche del Codice di Procedura Penale: repressione o sovranità? Intervista a Fabrizio Casari

Nicaragua, modifiche del Codice di Procedura Penale: repressione o sovranità? Intervista a Fabrizio Casari
12.09.24 – Lorenzo Poli
È stata una settimana ricca di eventi in Nicaragua. Il governo sandinista è stato accusato di “indebite restrizioni” delle libertà religiose, di detenzioni arbitrarie, intimidazioni, maltrattamenti in carcere e attacchi contro le popolazioni indigene. Il 5 settembre il governo sandinista ha rilasciato – secondo fonti USA – 135 “prigionieri politici”. Aumenta la preoccupazione per la riforma del Codice di Procedura Penale approvata recentemente da Managua, mentre il governo sandinista torna a chiedere modifiche al Parlamento per potenziare il ruolo della Polizia Nazionale. Lontano dalla propaganda anti-sandinista e dalla narrazione mainstream occidentale, cerchiamo di capire cosa sta succedendo in Nicaragua e se le riforme attuali siano forme di “repressione codificata”, di “indebita restrizione” o se siano ben altro. Di questo ne parliamo con Fabrizio Casari, giornalista, analista internazionale, Direttore di Altrenotizie.org e profondo conoscitore di America Latina e di Nicaragua, dove ha vissuto per tre anni.

L’altro giorno l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha registrato, da parte del governo di Ortega, “indebite restrizioni” delle libertà religiose. Accusa fondata – nel cattolicissimo Nicaragua – o accusa politica? 

E’ un’accusa politica, com’è tradizione di questo organismo nei confronti di Managua. Diciamo che la coincidenza di opinioni tra questa commissione Onu e il Dipartimento di Stato USA negli ultimi 17 anni è costante. Il Nicaragua non vive nessun restringimento delle libertà religiose, sarebbe sciocco anche solo pensarlo in un Paese con un tasso di religiosità intorno al 93%.
Ma poi quali sarebbero le indebite restrizioni? Aver smesso di finanziare con denaro pubblico la Chiesa? Chiedere alla gerarchia ecclesiale di rispettare le leggi vigenti? Di essere in regola con le norme che disciplinano le attività degli organismi – di ogni tipo – che esercitano attività pubbliche nel Paese? E per quale motivo si dovrebbero assegnare alla Chiesa cattolica prerogative diverse e superiori rispetto a quelle valide per tutti?

Ciò che allontana i fedeli dalla Chiesa è averla trasformata in un partito d’opposizione al governo, che anche dopo il 2018 – quando la gerarchia ecclesiale diresse il tentativo di colpo di Stato – ha proseguito nell’opera di proselitismo anti-sandinista. Ma se si vuole fare politica si fonda un partito con una sua personalità giuridica. Utilizzare il credo religioso e la buona fede dei credenti per organizzare fronti politici di natura eversiva non è permesso. Almeno non in Nicaragua.

Quello che sconcerta è, come sempre, la doppiezza del mainstream: in Ucraina Zelensky cancella la libertà di culto e proibisce la fede cristiano ortodossa, ma lì si tace e le accuse di persecuzione religiosa vanno al Nicaragua. In Venezuela, Usa e UE, difendono l’oppositore Gonzales, che negli anni ’80 dall’Ambasciata di Caracas a San Salvador, per conto della CIA, collaborò con gli “squadroni della morte” che uccisero Monsignor Romero, oltre a suore e gesuiti. Anche qui silenzio della Chiesa. Sembra che solo quando si deve parlare di Nicaragua l’ipocrisia e il doppiopesismo non possano mancare.

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Lezioni dal Venezuela

Fabrizio Casari
Con il 51,20% dei voti, Nicolás Maduro Moro ha vinto le elezioni presidenziali venezuelane e si è confermato alla guida del Paese. Una vittoria fondamentale per Caracas, molto importante per l’America Latina nel suo complesso e significativa per lo scenario internazionale. La destra, che vedeva insieme conservatori e reazionari ed era rappresentata da una figura dal passato criminale e dal presente opaco, ha comunque ottenuto un risultato significativo, frutto del combinato disposto di una cultura politica annessionista storicamente presente nel Paese e di anni di difficoltà economiche causate dall’embargo occidentale.
L’affluenza alle urne del 59% degli aventi diritto spiega bene l’importanza della posta in gioco e la totale incompatibilità delle proposte in campo: da un lato il percorso chavista e bolivariano del Paese, che ne garantisce l’indipendenza e la sovranità nazionale; dall’altro il rientro nell’orbita statunitense, che ne delinea la dipendenza strategica da Washington.
La vittoria di Maduro appare ancora più importante a causa dell’impari competizione elettorale in Venezuela. Da una parte il PSUV e altre aree della sinistra e dall’altra la destra sostenuta dall’Occidente Collettivo, pesantemente coinvolto nella competizione elettorale. La continua ingerenza di americani e spagnoli, con il solito codazzo ansioso di ex fantocci latinoamericani, è stata la rappresentazione vacillante di uno scontro politico che era ed è tuttora molto serio. Uno scontro tra ipotesi opposte che ora, a urne chiuse e a conti fatti, lascia sul terreno alcune considerazioni e alcuni insegnamenti.
Il primo è per il popolo bolivariano, che attraverso anni di tenace resistenza ha mostrato al mondo come resistere e sconfiggere la più grande potenza economica, politica, militare e mediatica del mondo. Non ci sono abbastanza righe per descrivere il continuo e illimitato furto di beni venezuelani all’estero, il sequestro di aziende e risorse, depositi e titoli. Non c’è stato limite all’espressione di un blocco che non solo ha impedito l’accesso ai mercati internazionali sia per le importazioni che per le esportazioni, ma ha anche conosciuto dimensioni di extraterritorialità piegate solo dalla solidarietà di Paesi non soggetti agli ordini della Casa Bianca. Per sostenere questo assetto mefistofelico, si è scatenata l’insolenza delle accuse e l’infamia delle menzogne, con cui l’odio per la sovranità popolare è stato trasformato in “pressione democratica”. È questa l’essenza stessa della politica statunitense nei confronti del Venezuela, che si è infranta ieri, consumando un’altra sconfitta subita da un altro nemico e su un altro palcoscenico.
Una nuova sconfitta di Washington

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Claudio Tricella

Ciao, Claudio Tricella.

Non si potranno cancellare i tanti momenti trascorsi assieme, a partire dal trionfo della Rivoluzione Popolare Sandinista. Ci hanno permesso di seguire per decenni il cammino della solidarietà col Nicaragua.

Sono state numerose, belle ed interessanti le iniziative svolte con te ed il gruppo del Centro di Solidarietà Internazionale Nord Est (Cernusco) per la diffusione dei libri, specie quelli di fiabe, come nella campagna “Nicaragua Deve Vivere”, finalizzata alla raccolta fondi a beneficio dell’infanzia: i “fanciulli”, come li definiva David Maria Turoldo, espressione citata nella prefazione del libro “Nicaragua Terra di Laghi e di Vulcani”.

Querido Claudio, sarai sempre nei nostri cuori, soprattutto per la tua umanità, generosità e gentilezza. 

Una gran bella persona che se ne va da questa Terra brutalizzata e martoriata. 

Che tu sia lassù in pace. 

Ci duole tantissimo la tua perdita.

Associazione Italia Nicaragua Milano

 

 

A Giulio Sanguineti

Quando una persona a noi cara ci lascia  è sempre doloroso e ci rattrista molto.
Giulio è stato sempre attivo e sostenitore simpatizzante del circolo di Rifondazione Comunista di Ne’  Val Graveglia (Genova)  fino a quando la sua salute glielo ha permesso.
Giulio era buono e generoso, si è distinto per la sua grande sensibilità, umanità e solidarietà.
Amava il Nicaragua e non solo. Nel 1989 è  partito con tanta carica ed entusiasmo per partecipare ad un  campo di lavoro a San Miguelito, un piccolo paesino nella zona del Río S. Juan.
Si innamorò  del luogo e della sua gente.

Buon viaggio Giulietto.

Coordinamento Associazione Italia Nicaragua

Nicaragua, Il governo sandinista consegna oltre 300 case nell’urbanizzazione di Caminos del Río 

Il governo sandinista consegna oltre 300 case nell’urbanizzazione di Caminos del Río
17 ottobre 2023
Nella terza consegna di case all’urbanizzazione Caminos del Río, situata all’estremo sud-est del distretto VII di Managua, 309 famiglie hanno ricevuto altrettante nuove case.
Il vice sindaco di Managua Enrique Armas ha consegnato le chiavi a famiglie che da molti anni desideravano avere un tetto decente dove vivere, un sogno che si è realizzato grazie all’emblematico Programma Bismarck Martínez portato avanti dal Governo Sandinista,guidato dal comandante Daniel Ortega e dalla vicepresidente del Nicaragua Compagna Rosario Murillo.”Con queste 309 case che stiamo consegnando, arriviamo ad un totale di 678 abitazioni, solo in questa urbanizzazione Caminos del Río del Programma Bismark Martínez”, ha detto Armas.Ha spiegato che le case consegnate dal Comune di Managua hanno una superficie edificata di 55 mq, su lotti basici di 150 mq, con strade, aree collettive, elettricità, acqua potabile, drenaggio per acque di scarico domestiche e meteoriche.Ha ricordato che Caminos del Río è la sesta urbanizzazione della capitale realizzata dal Buon Governo e ha precisato che “in questo luogo verranno costruite 5.276 abitazioni di interesse sociale, di cui 2.015 attraverso il Programma Bismarck Martínez e 3.261 attraverso il Programma Nuove Vittorie”.“Grazie a questi programmi sociali promossi dal Governo sandinista, sono già oltre 6.000 le famiglie beneficiarie nei 6 complessi abitativi esistenti nella capitale, oltre ai lotti di Villa Esperanza, con 2.605 lotti già consegnati”.L’emblematico Programma abitativo Bismarck Martínez è nato alla fine del 2018 come iniziativa locale. Anni dopo è diventato un progetto nazionale, grazie alla volontà politica del comandante Daniel e della vicepresidente Rosario Murillo di restituire diritti a migliaia di famiglie che non avevano un tetto proprio.Armas ha richiamato l’attenzione sul fatto che ogni famiglia che ha usufruito di questa terza consegna di case, pagherà 56 dollari al mese per 25 anni. Una delle famiglie beneficiarie ha chiesto le fosse permesso di pagare 97 dollari al mese, potendo così diventarne proprietaria in 14 anni, grazie all’impegno di tutto il nucleo famigliare.§
Articolo completo:

https://www.el19digital.com/articulos/ver/titulo:145701-gobierno-sandinista-entrega-mas-de-300-viviendas-en-urbanizacion-camino-del-rio?fbclid=IwAR3Oc0vT9MvRcmSMkYfq6xvouJazgCBjZ_6PgeWxJLl3fJq5hzfO7Ts2MLc

 

Argentina, Sergio Massa fa appello

Sergio Massa fa appello ad un Governo di Unità Nazionale
L’Argentina progressista punta a continuare a governare e all’integrazione latinoamericana
In disputa due modelli antagonistici
Sergio Ferrari
I settori popolari del Paese sudamericano respirano e si preparano a dare la seconda battaglia elettorale nel ballottaggio del prossimo 19 novembre. Il successo al primo turno di domenica 22 ottobre, ha reso chiaro un panorama politico che si era appannato con le elezioni primarie del 13 agosto scorso.
Il 22 ottobre il partito “Unione per la Patria”, capeggiato dall’attuale ministro per l’economia Sergio Massa, con quasi il 37% dei voti, ha superato di 7 punti il candidato Javier Milei, del partito “La Libertà Avanza”, ribaltando così, sostanzialmente, il risultato sfavorevole all’unione progressista nelle primarie di agosto. Entrambi i candidati si confronteranno al secondo turno elettorale il 19 novembre, momento in cui si deciderà chi sarà il prossimo presidente della nazione per il periodo 2023-2027. 

Due progetti totalmente opposti a confronto 

Quel giorno saranno in gioco nelle urne due progetti di nazione molto diversi. “Unione per la Patria”, costituita essenzialmente dal peronismo, da gruppi del socialismo e dai movimenti sociali, punta a rafforzare lo Stato e promuovere le politiche pubbliche sociali; rinegoziare, ma farla finita, con la dipendenza dal Fondo Monetario Internazionale; riprendere le bandiere della giustizia sociale; mantenere il lavoro su Memoria, Verità e Giustizia che promosse il kirchnerismo a partire dal 2003 e promuovere l’unità integratrice latinoamericana (principalmente in alleanza col Brasile di Lula da Silva), rinsaldando la visione strategica di integrazione e sviluppo subcontinentale e latinoamericano.

 Javier Milei, che ricevette per la sua campagna l’appoggio dell’estrema destra spagnola di Vox e di Bolsonaro del Brasile, annuncia come programma di governo lo smantellamento dello Stato; la liberalizzazione totale dell’economia; la privatizzazione delle imprese pubbliche; la dollarizzazione del Paese, così come il consolidamento delle alleanze internazionali solamente con gli Stati Uniti ed Israele. Il suo discorso negazionista presuppone che non vi furono brutalità né genocidio da parte della dittatura militare (1976-1983), si trattò soltanto di “eccessi individuali di alcuni militari”. Alza bandiere xenofobiche, omofobiche, pro-imperialistiche e svaluta ogni sforzo d’integrazione regionale latinoamericana.
Dati elettorali essenziali
Al primo turno del 22 ottobre Sergio Massa ottenne il 36.68 % dei voti, mentre Javier Milei il 29.98 %. Molto distaccata col 23.83 % la candidata Patricia Bullrich, del partito neoliberale “Insieme per il Cambiamento”. Juan Schiaretti, candidato di un altro settore peronista dell’interno del Paese, ottenne il 6.78%, mentre Myriam Bregman, della sinistra originariamente trotskista, il 2.70 %. Solo i due più votati parteciperanno al ballottaggio del 19 novembre prossimo. Si recò alle urne un 78 % degli aventi diritto, il che rappresenta una partecipazione bassa nella storia elettorale argentina.
Inoltre, frutto del rinnovamento parziale delle Camere dei Deputati e Senatori, il peronismo continuerà ad essere la prima minoranza in entrambe le camere e gli mancheranno solo due voti per poter contare sulla maggioranza assoluta al Senato.
Fatto rilevante di queste elezioni è stata la vittoria schiacciante di Axel Kicillof nella Provincia di Buenos Aires, dove continuerà ad essere governatore, posto che occupa dal 2019. Kicillof, col 45 % dei voti nel suo distretto, è stato il fattore essenziale della rimonta e dei risultati positivi di “Unione per la Patria”. A Buenos Aires vive il 38 % della popolazione totale dell’Argentina; è la provincia più importante in quanto a produzione, concentra il 37 % dell’elettorato nazionale. La bravura del dirigente peronista di appena 52 anni – che aumentò di quasi 10 punti il risultato delle primarie di agosto – costituisce un pilastro essenziale del successo nazionale di Sergio Massa.

 

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Viva l’anniversario della R.P.S

“Este movimiento es nacional y antiimperialista.
Mantenemos la bandera de libertad para Nicaragua y para toda Hispanoamérica.
Por lo demás en el terreno social, este movimiento es popular”.
A. C. Sandino

VIVA LA REVOLUCION POPULAR SANDINISTA!

EN NICARAGUA SIEMPRE SERÁ 19 DE JULIO!

SANDINO AYER SANDINO HOY SANDINO SIEMPRE!

Coordinamento Associazione Italia Nicaragua