La fragilità della globalizzazione
Il virus che fa starnutire l’intero pianeta.
50 miliardi di dollari di perdite nell’economia mondiale.
Sergio Ferrari, (ONU) Ginebra, Svizzera
Ciò che poche settimane fa sembrava inimmaginabile,
è stato trasformato in realtà quotidiana. Interi popoli in quarantena. Grandi eventi artistici e sportivi cancellati. Rinviate le assemblee internazionali. Uomini e donne che cambiano l’abitudine di stringere la mano o di salutarsi con i baci. Non è un romanzo futuristico di fantascienza, ma la realtà di milioni di persone in diversi continenti, dove COVID-19, noto anche come “coronavirus”, provoca il caos.Le cifre continuano ad aumentare. 100 mila casi confermati alla fine della prima settimana di marzo, di cui 80 mila, almeno, in Cina, con 3.000 morti.
Il virus è già presente in 91 paesi, inclusi cinque nuovi nelle ultime 48 ore: Gibilterra, Ungheria, Slovenia, Palestina e Bosnia Erzegovina
Quasi 300 milioni di studenti provenienti da 22 paesi non sono in grado di frequentare le lezioni, secondo le recenti statistiche ufficiali dell’UNESCO, e ricorda che due settimane fa, nella sola Cina, gli istituti erano stati chiusi. Il virus attacca e l’economia si blocca. L’impatto sulla Cina con una contrazione del 2% nella produzione manifatturiera continua come le onde nell’oceano
La Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD) valuta che nell’ultimo mese la malattia ha causato perdite stimate di 50 miliardi di dollari all’economia mondiale..
E se la Cina, una delle locomotive economiche del mondo, starnutisce – con la produzione al suo livello più basso dal 2004 a seguito dell’epidemia – diventa un’influenza globale sicura, con conseguenze planetarie immediate.
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