Che Succede In Messico 2

2.papa.messicoChe succede in Messico? Parla l’esperto – 2
Intervista a Fabrizio Lorusso, tra i maggiori esperti italiani di politica messicana, e delle dinamiche criminali che sconvolgono la Nazione nordamericana

17 Febbraio 2016 di  Francesco Giappichini

Nelle ore in cui scriviamo, il sistema mediatico – italiano, messicano e forse del mondo intero – è ansioso di assistere all’imminente messa del pontefice Jorge Mario Bergoglio, nella città messicana Ciudad Juárez. Proprio al confine con El Paso, in Texas. Intanto chi vuole approfondire le dinamiche socio-politiche del Messico – magari andando un po’ più a fondo rispetto al pur apprezzabile reportage di Sean Penn – potrebbe leggersi la seconda parte della nostra intervista al professor Fabrizio Lorusso.
Il nostro connazionale, che vive in Messico da molti anni, unisce alle attività di docente, giornalista e blogger ( http://lamericalatina.net/ ), anche quella di scrittore.
 In questa sede ci piace soffermarci su tre sue pubblicazioni, che rappresentano un unicum nel panorama della saggistica italiana, dedicata al pianeta latinoamericano.  ‘Narcoguerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga’ del 2015, è «un testo giornalistico e narrativo», come si legge sul portale dell’editrice Odoya, «sul Messico e sulla guerra ai cartelli della droga». La pubblicazione – arricchita dal prologo dell’arcinoto Pino Cacucci – è imprescindibile per chiunque voglia conoscere i connotati di una tra le mafie più sanguinarie della Terra, in affari anche con la ‘ndrangheta calabrese.
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Che succede in Messico? 1

Parla l’esperto -1Messico.papa

Intervista a Fabrizio Lorusso, tra i maggiori esperti italiani di politica messicana, e delle dinamiche criminali che sconvolgono la Nazione nordamericana.
di Francesco Giappichini 14 febbraio 2016
In queste ore, segnate dalla visita di papa Francesco in Messico, è d’obbligo porci qualche domanda sulla Nazione ispanoamericana. Che se da un lato vanta il quattordicesimo posto tra le maggiori potenze mondiali, dall’altro è sconvolta da un’ondata di violenza, che rischia di sancirne l’assoluta inaffidabilità. Negli ultimi mesi – e nonostante l’Area sia tradizionalmente negletta dal mainstream internazionale – il Paese è riuscito a far parlare di sé anche sui quotidiani nostrani. La strage degli studenti a Iguala e la telenovela della cattura di Joaquín “El Chapo” Guzmán Loera – con Sean Penn attore non protagonista – hanno contribuito a che i media occidentali degnassero di una certa attenzione l’omicidio del sindaco di Temixco, Gisela Mota Ocampo, la sanguinosa rivolta nel carcere Topo chico di Monterrey, e anche il sacrificio dell’ennesimo giornalista: Anabel Flores Salazar è stata uccisa proprio lo scorso 9 febbraio, nello Stato di Veracruz.

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INTERVENTO DEL COMANDANTE IVÁN MÁRQUEZ AL PARLAMENTO EUROPEO

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Lo scorso 28 gennaio il Comandante Iván Márquez è intervenuto di fronte al Parlamento Europeo a nome della Delegazione di Pace delle FARC-EP.

Il Comandante, attraverso un video fatto pervenire a Bruxelles, ha affermato che l’approvazione della missione politica speciale per l’osservazione del cessate il fuoco bilaterale rappresenta un grande passo avanti in direzione della pace. A conclusione del suo intervento, il Comandante ha manifestato la necessità di cancellare le FARC dalla lista delle organizzazioni “terroriste”, con la stessa rapidità con cui vi erano state inserite. La decisione di qualificare le FARC come organizzazione “terrorista” è stata ratificata negli USA nel 2001, seguiti a ruota, l’anno successivo, dall’Unione Europea. Occorre sottolineare che in America Latina solo il Perù e lo Stato colombiano adottano questa definizione.

Tali liste, arbitrarie ed ingiuste secondo numerose organizzazioni internazionali, non prendono in considerazione né il terrorismo di Stato (responsabile, secondo l’ONU, del 75% delle violazioni dei diritti umani in Colombia), né tanto meno il diritto di ribellione armata esercitato dai popoli di fronte alla tirannia.

E’ evidente che l’eliminazione delle FARC dalla lista rappresenta un passo imprescindibile verso una società inclusiva, in cui l’insorgenza possa operare come organizzazione politica legale con tutte le garanzie del caso.

APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI MILAGRO SALA

appello.milagro.salaRedazione Italia Pressenza
22 gennaio 2016
In questi giorni un comitato informale per la liberazione di Milagro Sala si è formato in Italia e ha raccolto firme per inviare questo appello al Presidente dell’Argentina, Mauricio Macri e a Gerardo Morales,  Governatore della Provincia di Jujuy; lo riproduciamo qui sotto con l’elenco dei primi firmatari. Chi volesse dare la sua adesione scriva a olivier.turquet@gmail.com
Appello per la liberazione immediata di Milagro Sala
Apprendiamo con stupore e preoccupazione la notizia che la Deputata del ParlaSur Milagro Sala è detenuta da alcuni giorni nelle carceri argentine con accuse che sembrano di natura politica più che penale.

Milagro Sala è stata privata della libertà il 16 gennaio 2016 per aver organizzato una protesta pacifica in Plaza Belgrano, a San Salvador de Jujuy, Argentina.
Dal 13 dicembre 2015 l’organizzazione Tupac Amaru, di cui Milagro è dirigente e fondatrice, insieme alla rete delle organizzazioni sociali della provincia, ha organizzato un sit-in davanti alla sede dell’esecutivo della provincia di Jujuy per chiedere al governatore di concedere loro un colloquio. A ciò si è risposto con una denuncia contro Milagro Sala per “istigazione a delinquere e agitazione”; l’arresto della dirigente è stato immediato.

Dalla documentazione che ci è stata fornita risulta che Milagro Sala sia una dirigente, una benefattrice e una persona molto stimata a Jujuy, dove lotta da decenni per migliorare le condizioni sociali, educative e sanitarie di una delle zone più povere dell’Argentina.

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Sfide cruciali di un’America Latina in movimento

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2016,tra l’alternanza politica e la mobilitazione sociale

di  Sergio Ferrari*

Le ultime settimane del 2015 hanno visto grossi cambiamenti nella dinamica politica di un continente egemonizzato nell’ultima decade da governi progressisti. L’alternanza elettorale occupa un posto preponderante in questa nuova tappa dell’America latina che, in meno di 30 anni, ha virato da dittature brutali a democrazie in processo di consolidamento.

L’arrivo al governo argentino di Mauricio Macri il 10 dicembre, la sconfitta nelle elezioni legislative venezuelane il 6 dicembre con la perdita della maggioranza parlamentare, la domanda di giudizio politico nei confronti della brasiliana Dilma Rousseff, costituiscono i fatti recenti più noti che marcano la nuova congiuntura continentale. In questa, la soluzione negoziata del conflitto colombiano, sembra una possibilità oggi più reale dopo metà secolo di guerre interne.

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MARTEDI 22 DICEMBRE: Tweetstorm contro il CETA, cugino del TTIP

Car*,
Vi scriviamo poco prima delle feste invitandovi a chiudere questo 2015 di campagna con un martedì 22 dicembre di tweetstorm. Questa volta, in accordo con le altre realtà Stop TTIP europee, vorremmo mettere nel mirino il CETA, l’accordo Ue-Canada, in un inedito #CETATuesday.
Come sapete, sarà questo trattato – già concluso e in attesa della ratifica del Parlamento europeo – la base sulla quale verrà costruito il TTIP. I due accordi sono strettamente legati fra loro, e le mine democratiche seppellite nel CETA devono essere disinnescate tanto quanto quelle di cui è disseminato il TTIP.
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Pubblicato in TTIP.

L’arte di vincere si impara dalle sconfitte

Venezuela.7dic.2015di Marco Consolo –

È una dura sconfitta quella subita dal processo bolivariano in Venezuela nelle elezioni parlamentari di domenica 6 dicembre. Con circa il 18% di differenza, l’opposizione conquista la maggioranza del parlamento che ha rinnovato i suoi 167 deputati. Un parlamento che, grazie alla recente legge elettorale, sarà composto al 40% da donne. Con circa il 25% di astensione, al momento in cui scriviamo i risultati (ancora parziali) assegnano ben 99 seggi all’opposizione e solo 46 alle forze socialiste, nella quarta legislatura dall’avvento dello scomparso Hugo Chávez. Mancano ancora 22 seggi da assegnare e sono quelli che faranno la differenza, dato che con la maggioranza dei 2/3 l’opposizione avrebbe poteri molto più incisivi. L’opposizione celebra nelle strade di Caracas – Foto Carlos Becerra (Bloomberg) È l’elezione numero 20 nei 17 anni del processo bolivariano, iniziato proprio un 6 dicembre del 1998, con la prima vittoria di Hugo Chávez, che mise in moto il processo della Rivoluzione bolivariana. Fino a ieri, l’unica sconfitta delle forze socialiste era stata quella sulla riforma costituzionale del 2007, quando l’opposizione alla riforma ottenne una “vittoria pirrica” con il 50,7%. Ancora una volta, la “dittatura chavista” ha dato esempio di trasparenza ed onestà. Un esempio per molti Paesi del mondo, a partire dagli stessi Stati Uniti. Nonostante gli strepiti della destra, le elezioni si sono svolte in maniera esemplare, come tutte le precedenti.

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Si prepara un intervento militare statunitense in Venezuela?

Plan-desestabilizar-a-Venezuela-600x337Il giornalista Rafael Poleo parla di una imminente invasione del Venezuela

Attilio Folliero, Caracas 28/11/2015

Il giornalista venezuelano Rafael Poleo, della destra più estrema e reazionaria il 26 novembre ha pubblicato una serie di Twitter; in uno di questi segnala l’imminenza di una invasione militare internazionale in Venezuela, come quella della Repubblica Dominicana nel 1965. La Repubblica Dominicana nel 1965 fu invasa dalle forze statunitensi ed ovviamente quando il Poleo parla di una invasione internazionale in Venezuela si riferisce alle forze statunitensi.

Ricordiamo anche che Barack Obama nello scorso mese di marzo ha emesso un decreto con il quale ha dichiarato il Venezuela un pericolo speciale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Tutte le volte che gli USA hanno emesso un simile decreto hanno poi proceduto ad invadere il paese oggetto del decreto stesso.

In altri due twitter immediatamente precedenti a quello appena analizzato, il Poleo fa riferimento alle imminenti elezioni parlamentari venezuelane. Secondo il Poleo  “il regime di Maduro starebbe per sospenderle di fronte alla irrimediabile sconfitta”. Inoltre – aggiunge – che gli atti criminali accelerano la fine del regime e diminuiscono le possibilità che il Partito Socialista PSUV sopravviva come partito.

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